Venerdì, 07 Maggio 2021 09:37

Contro mafia e patriarcato nel ricordo di Maria Chindamo. Il fratello: «Non smetteremo mai di combattere e sperare»

Scritto da Redazione
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Un momento di «riflessione», di «memoria», ma anche di «confronto» per «consolidare percorsi già intrapresi e costruire nuove progettualità». Un momento in cui è stato ribadito in maniera forte e decisa che quella di Maria Chindamo è la storia di «tanti cittadini che hanno scelto da che parte stare». Gente comune, associazioni e rappresentanti dello Stato si sono ritrovati ieri a Limbadi davanti al cancello dell’azienda agricola dell’imprenditrice 44enne di Laureana di Borrello scomparsa nel nulla il 6 maggio 2016. Il sit-in è stato promosso da Agape, Libera, progetto “Mettiamoci una croce sopra. I giovani verso il voto in Calabria”, comitato Controlliamo Noi Le Terre Di Maria e Penelope Italia Odv. A coordinare i lavori è stata Giulia Melissari del progetto educazione civica Agape.

Ad affiancare i familiari di Maria c’era anche Dalila Nesci, sottosegretaria di Stato per il Sud e la coesione territoriale, convinta che ci sia bisogno di una «presenza costante dello Stato nella rieducazione, per evitare che trionfi l’ideologia mafiosa». Emozionante l’intervento di Vincenzo Chindamo, fratello dell’imprenditrice: «Guardiamo questo cancello, ha assistito a un avvenimento atroce, ma può anche testimoniare la rinascita di un territorio. Inizia a soffiare un vento, ma forse è ancora una brezza. Non smetteremo mai di combattere e sperare». Del ruolo delle donne, in una terra in cui «prevale la cultura paternalistica e il substrato mafioso», ha parlato la professoressa Valentina Fedele, del Centro di Women’s Studies Milly Villa-Università della Calabria. «Quella di Maria è la storia di una donna che ha sfidato la cultura patriarcale. Lo ha fatto studiando, lavorando e credendo fortemente di poter essere l’artefice della propria vita». Secondo Sabrina Garofalo, del comitato “Controlliamo Noi le terre di Maria Chindamo”, a fare ancora paura è il «concetto di possibilità»; mentre per la presidente regionale dell’associazione Penelope Stefania Paparo «è necessario che si collabori di più con le prefetture nei casi riguardanti le persone scomparse». Da tutti, insomma, come del resto evidenziato dal vicesindaco di Limbadi Giuseppe Tripaldi, un «”no” forte alla mafia, alla delinquenza e a ciò che è antistato». Per don Ennio Stamile, coordinatore regionale di Libera, «la ‘ndrangheta produce una sofferenza immane. Vedo tra questa piccola folla anche la mamma di Francesco Vangeli, altra vittima di lupara. Chi è a conoscenza deve parlare direttamente, senza lettere anonime. È su questo che bisogna lottare».

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