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Mercoledì, 26 Dicembre 2012 19:00

La giustizia negata. Tre anni fa il calvario di Pasquale Andreacchi

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mini pasquale_primo_pianoNel dicembre di tre anni fa Serra scoprì l’orrore che fu costretto a subire Pasquale Andreacchi. Per due mesi interi, in paese erano circolate le ipotesi più disparate e inverosimili sulla sorte toccata a quel ragazzone timido che stava sempre appresso ai suoi cavalli. C’era chi addirittura sosteneva che si trattasse di una fuga volontaria, di un amore adolescenziale. Poi la mattina del 9 dicembre ogni ipotesi perse improvvisamente consistenza: gli operai del comune si accorsero che in un cassonetto, su una salita, in via Corrado Alvaro, qualcuno aveva lasciato un teschio umano, con un foro in fronte. Un colpo di pistola. Accanto al cranio un femore, spezzato, ma molto lungo. Per i genitori di Pasquale, già provati da due mesi d’angoscia e di ricerche vane, fu un colpo durissimo. Ma la speranza di trovare il loro primogenito vivo rimase forte. Continuarono a cercare, a lottare da soli. La loro fiducia si rivelò ben presto una dolorosissima illusione. Il 27 dicembre, nel primo pomeriggio, un cacciatore si accorse che in mezzo alla boscaglia, tra i castagni, c’erano delle ossa umane.

Dei vestiti, anche. I parenti di Pasquale arrivarono immediatamente sul posto, poco distante dal cassonetto in cui era stato trovato il teschio. Riconobbero subito, vicino a quelle ossa, i vestiti di Pasquale. Sembravano appoggiati lì, quasi piegati. C’era anche il portafogli, col suo documento d’identità. La disperazione e la rabbia presero il sopravvento. C’erano pochi dubbi, ormai. Il calvario che qualcuno aveva imposto al povero Pasquale fu rivissuto dai suoi cari. Aspettarono altri cinque lunghi mesi per avere indietro ciò che era rimasto del loro figlio. I funerali poterono celebrarsi solo nel maggio seguente. Una vita appena sbocciata, ridotta a poche ossa ricomposte in una bara bianca. A dicembre la Procura archiviò il caso. Tante incongruenze, alcune testimonianze poi ritrattate, evidenti lacune nelle indagini – sui vestiti pare non sia mai stato fatto alcun esame per rintracciare eventuali profili biologici di persone venute a contatto con Pasquale, nelle sue ultime ore di vita – non sono bastate a rintracciare nemmeno un barlume di verità. I genitori di Pasquale, assistiti dall’avvocato Giovanna Fronte, le stanno ancora provando tutte. Non possono arrendersi.

Pasquale è stato vittima, innocente, di una barbarie disumana. Aveva da poco compiuto 18 anni quando, la sera dell’11 ottobre 2009, percorse per l’ultima volta quella salita. Il paese che sopravvive attorno a quel castagneto si scoprì impregnato di paura e di pregiudizio, di individualismo e di omertà. Ancora oggi, a distanza di tre anni, nessuna verità. Resta una famiglia mutilata e sola: la memoria sgretolata nell’indifferenza quotidiana, la giustizia evaporata in una nuvola di rassegnazione.

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