Venerdì, 13 Luglio 2018 08:42

Annullata la nomina di Damiani, l'Asp di Vibo dovrà pagare le spese legali

Scritto da Alessandro De Padova
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Il Tribunale ordinario di Vibo Valentia-Sezione Lavoro e previdenza, in persona del giudice del lavoro Ilario Nasso ha annullato la delibera numero 1313 a firma del direttore generale dell’Asp di Vibo, Angela Caligiuri, assunta il 23 novembre scorso e recante l’approvazione degli atti della procedura selettiva e il conferimento dell’incarico di direttore del Distretto sanitario unico dell’Asp di Vibo al medico 57enne Vincenzo Damiani.

Dopo la sospensione della nomina, dunque, il giudice ha emesso la sentenza di merito, annullando la nomina e condannando l’Azienda sanitaria provinciale al pagamento delle spese legali. Di conseguenza, è stata accolta la domanda presentata da Anna Maria Renda, dirigente medico dell’Asp di Vibo e già direttore del Distretto sanitario - difesa dagli avvocati Nicola Gasparro e Francesco Domenico Crescente, del Foro di Castrovillari - che aveva fatto ricorso contro l’Azienda di via Dante Alighieri (rappresentata e difesa dall’avvocato Domenico Colaci, del Foro di Vibo), nonché nei confronti dello stesso Damiani (difeso dall’avvocato Giovanni Spataro, del Foro di Cosenza). Per il giudice del lavoro, la domanda - già accolta in sede cautelare - è «definitivamente fondata nel merito, e deve pertanto essere accolta». La procedura che ha portato alla nomina di Damiani a direttore del Distretto sanitario unico dell’Asp secondo la ricorrente avrebbe violato «puntuali norme primarie in cui sarebbe incorso l’ente datoriale». Renda ha anche segnalato nel ricorso «una serie di irregolarità inficianti il percorso di selezione fin dal suo esordio (avuto riguardo all’asseritamente illegittima composizione della commissione giudicatrice, e alle scelte da questa compiute nell’adempimento dell’incarico ricevuto)». Nel presentare ricorso, la Renda ha lamentato l’ «inesistenza – in capo a Damiani – dei requisiti di partecipazione alla procedura, segnalando – in ogni caso – l’inosservanza dei canoni di correttezza e buona fede, da parte dell’azienda e della commissione esaminatrice». Dal canto suo, però, l’Asp aveva sostenuto la «piena conformità alla legge delle determinazioni assunte, la legittima composizione della commissione giudicatrice, l’ineccepibilità della scelta compiuta dal direttore generale, e fiduciariamente ricaduta sulla persona di Damiani», invocando il «rigetto del ricorso, sia nel merito sia con rifermento all’istanza cautelare (ormai non più sorretta dal requisito dell’interesse ad agire, stante l’intervenuta sospensione della delibera impugnata all’esito di analogo procedimento)».  

Per il giudice del lavoro la delibera di conferimento dell’incarico a Damiani è «silente in ordine alla scelta compiuta in favore dello stesso (unico candidato, peraltro, a esser stato ammesso con riserva), mentre il compendio motivazionale – oltre a essere estremamente lacunoso, risolvendosi tautologicamente nel mero richiamo di norme di legge e delle risultanze della procedura di selezione (essa stessa ampiamente censurabile, per le osservazioni appena enucleate) – non dà conto delle ragioni: a) di approvazione degli atti formati dalla commissione giudicatrice, nonostante il loro sensibile discostamento dal paradigma normativo e amministrativo, e b) di designazione dello specifico candidato individuato quale direttore del distretto, laddove la motivazione in tal senso avrebbe dovuto essere tanto più compiuta e particolareggiata (meglio: «analitica»), quanto meno selettive erano apparse le conclusioni formulate dalla commissione giudicatrice». Il giudice, invece, non ha accolto la «domanda di condanna dell’Azienda sanitaria alla riedizione della procedura, non sussistendo un diritto soggettivo della ricorrente alla riproposizione del suo svolgimento». Decisione analoga anche per la domanda risarcitoria, che «non può parimenti trovare accoglimento».

Le spese di lite - a carico sia dell'Asp che di Damiani e regolate secondo il principio della soccombenza - «sono poste solidalmente a carico delle parti resistenti e liquidate ai sensi del d. m. 55/2014 (come aggiornato dal d. m. 37/2018)». Inoltre «vengono decurtate di un terzo (1/3), in ragione dell’assenza di attività istruttoria (stante la natura documentale della causa), e della controvertibilità in diritto della qualificazione del distretto sanitario unico in termini di struttura complessa, e sono complessivamente determinate – sia per la fase cautelare sia per la fase di merito – secondo il prospetto che segue: 900, euro (fase di studio), 300 euro (fase introduttiva), 2mila euro (fase cautelare), 300 euro (fase decisionale) per un totale di 3500 euro».


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