Mercoledì, 13 Gennaio 2016 12:37

Le tavole apparecchiate (e le verità non dette) del Pd serrese

Scritto da Sergio Pelaia
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Forse uno spin doctor di professione non avrebbe approvato la scelta di aprire una campagna elettorale, sebbene di matrice paesana, con un’immagine così mangereccia. Al di là delle scelte comunicative, però, la cena con cui il Pd serrese ha di fatto sancito l'avvio delle ostilità in vista delle Comunali della prossima primavera lascia aperte, per chi le vuol vedere, alcune questioni. Intanto, è un segno dei tempi che una cena in un luogo privato diventi una notizia, ma tant'è: il fatto è di interesse pubblico, perché l'evento si inquadra nelle dinamiche che andranno a incidere, direttamente o meno, sul futuro dei serresi. Ma se qualcuno dei numerosissimi convenuti – poco meno di un centinaio – si aspettava di discutere di programmi, proposte, candidature o strategie è rimasto deluso. Niente di tutto ciò. A dettare la linea, ovviamente, il deputato dem Bruno Censore che, da subito, ha voluto infondere in chi lo ascoltava la proverbiale determinazione renziana mostrando i muscoli agli avversari. 

Ma sull'unità d'intenti e sulle strategie inclusive sbandierate a destra e a manca forse le cose, ad oggi, non stanno esattamente come il Pd serrese vorrebbe far credere. Intanto perché, ed è apparso chiaro durante l’incontro di venerdì scorso, ci sono diversi esponenti della vecchia guardia ex Ds che manifestano più di una perplessità sull'attuale gestione del partito. Qualcuno di questi ha pure osato parlare apertamente, durante la cena, dello scarso coinvolgimento nelle scelte e nelle attività del circolo cittadino, ma è stato subito zittito dal leader che non ha usato molti convenevoli: chi non condivide la linea è libero di andarsene. Allora tutti zitti: nella sala per qualche minuto è calato il gelo, ma nessuno se n'è andato e le critiche sono subito rientrate. Poi c'è stato qualche intervento utile a superare l'impasse, con i soliti ritornelli: l'obiettivo è scalzare la destra dalla guida dell'amministrazione comunale, il paese è stato ridotto ai minimi storici, serve una classe dirigente nuova. Parole di circostanza, retorica da social, qualche battuta e poco altro di sostanziale. Finita la cena le incomprensioni restano tutte: dal dissenso di Rosanna Federico, che non ha avuto nessuna risposta rispetto alle tante questioni sollevate, alle fibrillazioni per le fughe in avanti e le molteplici autocandidature a sindaco (qui e qui le indiscrezioni riportate dal Vizzarro già nei mesi scorsi); dalle contestazioni a mezza bocca sulla mancanza di democrazia interna, all'evidente difficoltà di arrivare a proposte e strategie che non vengano sempre e solo dal leader. 

Insomma l'unità, la compattezza, e soprattutto l'apertura, l'inclusione, almeno per ora, rimangono solo parole vuote veicolate per nascondere una realtà ben diversa. Al di là degli slogan, le uniche certezze per il centrosinistra serrese, ad oggi, sono le tre seguenti: il volemose bene scoppiato all'improvviso, dopo anni di veleni, sull'asse Censore-Lo Iacono-Raffele; la mancanza di un candidato a sindaco di spessore che abbia la forza non di asservire il Comune alle prossime campagne elettorali, ma di togliere Serra dal vicolo cieco in cui è stata cacciata; l'assoluta riconoscenza degli attori della coalizione nei confronti di Censore. Su quest'ultima questione sembrano tutti d'accordo: la prima e anche l’ultima parola – sul candidato a sindaco, sulla lista, su programmi e strategie – spetta a lui.

Democratici sì, ma fino a un certo punto.

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