La centrale idroelettrica, avente due opere di presa, sarà ubicata all’interno del territorio di proprietà dell’azienda, nel cuore del bosco di Santa Maria, ed usufruendo di un salto reso possibile dal dislivello del piano montano, acquisirà dunque le acque dai due torrenti per l’alimentazione di una turbina afferente alla stessa struttura di produzione di energia elettrica, con potenza nominale di 34 Kw ed una portata di 330 litri al secondo. Si tratterebbe, dunque, di un approvvigionamento di acqua abbastanza consistente, tanto che a norma di legge, nella fattispecie del caso, si dovrebbe parlare di “grande derivazione”.
L’ordinanza relativa alla concessione di derivazione di acqua pubblica da adibire ad uso idroelettrico, è stata affissa all’Albo pretorio del Comune di Serra San Bruno e di tutti gli altri enti interessati dal provvedimento. Chiunque vorrà sollevare opposizioni rispetto a potenziali incompatibilità di carattere ambientale e paesaggistico o rispetto alla normativa vigente in materia, dovrà far pervenire la propria segnalazione entro e non oltre il trentesimo giorno dalla data di pubblicazione dell’atto, ossia entro il 30 ottobre prossimo. Il mancato rilevamento di alcuna riserva o obiezione, equivarrà a ritenere le richieste «non in contrasto con gli stessi».
Un altro scempio dunque, nel perfetto silenzio generale e con la più ossequiosa complicità degli enti pubblici, potrebbe abbattersi sulle Serre calabre, tra l’altro proprio in un punto di particolare interesse spirituale e naturalistico come quello del bosco di Santa Maria. Infatti, il territorio dove ricadrebbe la nuova centrale idroelettrica risulta essere tutelato dal Dm 1 ottobre 1973 (“Dichiarazione di notevole interesse pubblico”). Si tratta, infatti, di luoghi ancora del tutto incontaminati. Gli stessi che rapirono l’attenzione di San Bruno di Colonia, che nella sua lettera a Rodolfo Il Verde, nel 1097, li descriveva come un autentico paradiso, soffermandosi, in particolare sulla «piacevole ricchezza di fiumi, di ruscelli e di sorgenti». Proprio il Santo di Colonia, risalì le acque dell’Ancinale, per giungere a quel luogo ameno, dove in seguito fu fondata la Certosa. Le stesse acque svendute oggi a totale favore di interessi economici individuali e non del beneficio collettivo. E poi ci si domanda come mai l’Unesco non abbia ancora preso in considerazione l’opportunità di inserire Santa Maria del Bosco tra i beni annoverati come Patrimonio dell’umanità.