Domenica, 05 Febbraio 2023 09:04

L’emigrazione calabrese nel Dopoguerra e la “soluzione” di un prefetto del Nord

Scritto da Redazione
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C’è una «circolare» di oltre 70 anni fa, indirizzata da un prefetto del Nord a decine di Comuni calabresi, che descrive una situazione molto attuale. È emersa tra le carte recuperate dall’archivio comunale di Serra San Bruno e custodite nel museo-biblioteca “Enzo Vellone”. Datata 21 giugno 1948, è stata inviata dalla divisione di Pubblica Sicurezza di Novara ai sindaci e ai commissari prefettizi dell’allora provincia di Catanzaro.

Il titolo inquadra la questione senza giri di parole: «Immigrazione di calabresi». Il lessico è tipicamente burocratico e descrive una situazione che si sarebbe verificata in quei mesi nella zona dell’Ossola. Si parla di un «notevole afflusso di immigranti» provenienti dalla Calabria, «quasi sempre sprovvisti di mezzi di sussistenza» e «in condizioni di particolare disagio e miseria in attesa di poter trovare una qualsiasi occupazione».

La realtà di quegli anni è tristemente nota in ogni famiglia del Sud. Tra l’altro in quel periodo, secondo quanto scrive il prefetto dell’epoca, le industrie del Novarese non avevano «alcuna possibilità di assorbire altra mano d’opera». La conseguenza, secondo chi gestiva l’ordine pubblico, era che una parte di «detti immigranti», non trovando lavoro, faceva «spontaneamente ritorno ai paesi di origine», mentre altri si davano, «il più delle volte, all’accattonaggio e al vagabondaggio», o tentavano «di espatriare clandestinamente in Svizzera o in Francia». E alcuni, «giunti al limite dell’esasperazione», erano «indotti anche a delinquere con grave turbamento delle condizioni della sicurezza pubblica».

Le parole di apparente comprensione non devono ingannare, perché oltre a descrivere la situazione il prefetto indicava anche le sue “ricette” per «eliminare tale inconveniente» ed evitare, avvertiva, di arrivare ad «adottare nei loro confronti il coattivo provvedimento del rimpatrio». Ai sindaci calabresi veniva dunque chiesto di «svolgere nei confronti dei disoccupati opportuna opera persuasiva al fine di dissuaderli dall’intraprendere inutilmente un lungo e costoso viaggio». Oppure venivano sollecitati ad adottare, «ove occorra, adeguati provvedimenti atti ad impedire la partenza di coloro che, nonostante detta opera persuasiva, manifestassero l’intenzione di raggiungere ugualmente la provincia di Novara».

Insomma il messaggio che un’articolazione territoriale dello Stato inviava a un’altra, sulle macerie di un’Italia devastata dalla guerra, era piuttosto chiaro: che siano morti di fame o disperati importa poco, convinceteli a non venire a cercare fortuna al Nord, e se non si convincono fermateli con la forza pubblica. Dal Secondo Dopoguerra ad oggi sono ovviamente cambiate molte cose ma, al netto delle strumentalizzazioni politiche sull’argomento, il dramma delle migrazioni ha lasciato purtroppo immutate le divisioni tra chi sta peggio e chi sta meglio. Solo che oggi, come ieri i calabresi, ci sono altri ancora più poveri a cui dare la colpa della propria povertà.

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