Lunedì, 19 Marzo 2018 13:22

Mileto, la vendetta dei Mesiano e la complicità di un tecnico «che collaborava con la Procura»

Scritto da Redazione
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Si è svolta stamattina al Comando provinciale di Vibo Valentia, alla presenza tra gli altri del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dell’aggiunto Vincenzo Bombardieri, la conferenza stampa nel corso della quale sono stati illustrati i particolari dell’operazione della Dda, culminata con l’esecuzione di cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere (altre due persone sono già detenute), nell’ambito della faida tra le famiglie Mesiano e Corigliano di Mileto.

L’operazione della Direzione distrettuale antimafia, in particolare, ha consentito di fare luce sull’omicidio di Giuseppe Mesiano, 60 anni, panificatore di Calabrò di Mileto, ucciso il 18 luglio 2013 e su quello di Antonio Angelo Corigliano, di 30 anni, ucciso a Mileto il 20 agosto 2013 in pieno centro. Mesiano, intanto a scaricare dalla propria autovettura della spesa appena fatta, secondo gli inquirenti «assisteva plausibilmente al sopraggiungere dei suoi assassini che gli esplodevano complessivamente sette proiettili in calibro 9 mm (38 super auto)». Ad un mese di distanza è arrivata la risposta con l’eliminazione di Angelo Antonio Corigliano, «questa decisa dai vertici dell’organizzazione mafiosa di Mileto, quale punizione per aver ucciso Mesiano al di fuori delle “regole” di ‘ndrangheta”. La dinamica dell’agguato, tipicamente mafiosa per la cura militare della pianificazione e dell’esecuzione, vedeva la vittima, dopo essere stato pedinato sin dall’uscita da casa dai due killer a bordo di uno scooter, mortalmente attinta da sette colpi d’arma da fuoco cal. 9x21., mentre si trovava a bordo della propria autovettura, parcata in pieno centro di Mileto nelle adiacenze di un bar dal quale era uscito pochi istanti prima. Sul corpo di Corigliano veniva trovata una pistola marca Beretta cal. 7,65, matricola punzonata e completa di caricatore con all’interno sette cartucce cal. 7,65 e un ottavo in canna, segno evidente che la vittima temeva una ritorsione per l’omicidio di Mesiano».

«La provincia di Vibo è per noi una priorità – ha spiegato lo stesso Gratteri – perché qui c'è una 'ndrangheta molto potente di cui si stanno occupando tre sostituti procuratori. Di cos'altro c'è per convincere i vibonesi a fidarsi di noi?». Bombardieri, invece, ha spiegato come «la scintilla del primo dei due fatti di sangue sia scattata in seguito a richieste di partecipazione a episodi estorsivi da parte di una delle due famiglie nei confronti di un soggetto vicino all'altra. I Mesiano – ha proseguito il procuratore aggiunto della Dda – hanno fatto una sorta di indagine parallela: un tecnico che collaborava anche con la Procura di Vibo ha consegnato loro le registrazioni effettuate nei pressi del luogo del delitto prima ancora che ci arrivassero i carabinieri». Le indagini, inoltre, hanno fatto presente come fosse presente una situazione di attrito tra le famiglie Mesiano e Corigliano, «dovuta sia al continuo sconfinamento del bestiame di Giuseppe Mesiano nei terreni di proprietà di Giuseppe Corigliano, sia per il rifiuto di Angelo Antonio Corigliano, figlio di Giuseppe, di perpetrare un danneggiamento ad un supermercato di proprietà di un parente degli stessi, colpevole di essersi rifiutato di sottostare alle richieste di Francesco Mesiano circa la fornitura del pane proveniente dai loro forni».

Nell'ambito dell'inchiesta, coordinata dal pm della Procura di Vibo, Benedetta Callea, e da quello della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Annamaria Frustaci sono stati perquisiti nel corso della nottata anche altri soggetti ritenuti coinvolti nei delitti per cui il gip Claudio Gioia ha disposto i cinque arresti.

L’inchiesta, come ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri, Gianfilippo Magro, «è durata quattro anni» è rappresenta «risultato della sinergia tra carabinieri, Dda e Procura di Vibo, e che con non poche difficoltà ha consentito di penetrare nella fitta rete di dinamiche relazionali delle due famiglie e individuare anche una rete di comprimari».

Presenti alla conferenza anche i vertici del Reparto operativo di Vibo, il comandante Luca Romano e il vice Valerio Palmieri.


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