Ecco perché metà degli indagati, a cui i carabinieri del Noe di Reggio e del Comando provinciale poche ore fa hanno notificato gli avvisi di conclusione indagine, sono imprenditori proprietari di stabilimenti ubicati nella zona industriale interessata dalla frana: Silvano Fiorillo, 45enne di Vibo Valentia, proprietario della Marten Srl attiva nel campo della produzione di saponi e detergenti; Domenico Antonio Bilotta, 81enne, legale rappresentante della Vetromed Spa impegnata nella lavorazione del vetro; Carmine Sardanelli, 77enne titolare dell’azienda di inscatolamento Intertonno Srl e Giacinto Callipo, 41enne di Pizzo Calabro, titolare della Vercall che si occupa della verniciatura di profilati in alluminio. Gli imprenditori dovranno rispondere dell’accusa inerente al reato di disastro ambientale doloso e frana. Gli altri quattro indagati sono, invece, funzionari pubblici, di cui due dirigenti del Comune di Maierato e due della Provincia di Vibo Valentia: Giorgio Aldo Cinquegrana, 58enne, responsabile del servizio Urbanistica e ambiente del Comune di Maierato, dove è anche residente; Filippo Silvio Silvaggio 62enne, anche lui di Maierato, responsabile dei procedimenti dell'Ufficio tecnico comunale (settore Urbanistica); Gianfranco Comito, 57enne di Vibo, è invece dirigente pro-tempore della Provincia del settore Difesa del suolo, rilevamento e disciplina e controllo degli scarichi delle acque; infine, Francesco De Fina, 64enne di Sant'Onofrio, all’epoca dei fatti anche lui dirigente pro-tempore della Provincia e oggi in pensione. I funzionari sono accusati di disastro colposo e frana.

I particolari dell’inchiesta sono stati svelati questa mattina nel corso di una conferenza stampa tenuta dal Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, dal comandante provinciale dei carabinieri Daniele Scardecchia, del comandante regionale del Noe Paolo Minutoli, dal comandante provinciale della Gdf Paolo Valle e dal capitano della Compagnia carabinieri di Vibo Diego Berlingieri.

L’operazione, già a partire dal 2008, in seguito alle denunce di un contadino della zona che aveva segnalato una strana colorazione del fosso “Scuotapriti” accompagnata da esalazioni nauseabonde, aveva portato ad approfondimenti di indagine che hanno in seguito consentito di «accertare una mancata gestione del depuratore a servizio della predetta zona industriale e l’illecito smaltimento di reflui industriali inquinanti nel predetto fosso. In particolare, furono quattro le aziende maggiormente coinvolte, che già dalle prime indagini furono interessate da provvedimenti di sequestro parziale o totale dell’opificio, ed in alcuni casi anche dell’arresto in flagranza dei due soci per illecito smaltimento di rifiuti speciali pericolosi». Gli accertamenti dei tecnici della Procura e degli uomini della Guardia di finanza hanno consentito di stabilire che la reazione chimica provocata delle sostanze illecitamente smaltite nel fosso (associata alle scarse qualità geo-tecniche dei terreni del sottosuolo e all’intensa circolazione idrica sotterranea) ha contribuito «in modo assolutamente determinante» al verificarsi della frana larga 500 metri ed alta 50, il cui volume stimato fu di 10 milioni di metri cubi.