Mercoledì, 05 Maggio 2021 12:11

La gioventù spezzata di Filippo Ceravolo. A Soriano il ricordo nel giorno del suo compleanno

Scritto da Alessandro De Padova
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(Foto di Pasquale Varì) (Foto di Pasquale Varì)

Avrebbe compiuto 28 anni ieri Filippo Ceravolo, il giovane di Soriano Calabro ucciso per errore in un agguato di ‘ndrangheta il 25 ottobre 2012 sulla strada che porta a Pizzoni nell’ambito della guerra tra i clan Loielo ed Emanuele. Per l’occasione, i familiari e il coordinamento provinciale dell’associazione antimafia “Libera” Vibo Valentia hanno organizzato una Santa Messa, che è stata celebrata nella Chiesa di San Martino Vescovo dal parroco don Pino Sergio. Oltre alle autorità civili e militari, hanno presenziato alla celebrazione anche Elsa Tavella, la madre di Francesco Vangeli, giovane di Scaliti di Filandari sparito nel nulla e vittima di “lupara bianca” e Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, l’imprenditrice di Laureana di Borrello scomparsa nel nulla il 6 maggio 2016. Della preghiera come «mezzo per dimostrare ciò che noi viviamo, ciò che desidereremo che gli altri vivessero» ha parlato don Pino Sergio, secondo il quale quello di oggi (ieri, ndr) «non è un compleanno come tutti gli altri, perché il ricordo ci porta tanti pensieri». A prendere la parola anche Martino Ceravolo, papà di Filippo, che ancora una volta ha invocato «verità e giustizia» per la morte del figlio.

A partecipare alla Santa Messa anche Rocco Mangiardi, testimone di giustizia di Soriano Calabro che da anni vive a Lamezia Terme. In un post pubblicato su Facebook, Mangiardi ha espresso la propria «amarezza» per quanto accaduto prima della celebrazione. «Entrando in Chiesa, nonostante ci fossero i primi posti liberi e non assegnati - racconta il testimone di giustizia - mi son seduto in terza fila. A Messa iniziata, i posti davanti a me erano ancora tutti liberi, e mentre entrava una frotta di gente ritardataria, mi sento dire: “Si sposti in una fila indietro e faccia accomodare il sindaco”. Sono rimasto scosso e adirato da questa richiesta, ma visto che la celebrazione era già iniziata, pur alquanto amareggiato, mi sono spostato indietro. Scosso e amareggiato, ma non perché dovevo passare indietro, poiché io non amo la visibilità, ma perché queste frasi mi erano state proferite da una persona che dice di rappresentare la legalità e la giustizia. La vera e sana arrabbiatura mi è arrivata a fine Messa, allorquando costui, avvicinandomi fuori, mi ha chiesto scusa, dicendomi che non mi aveva riconosciuto ed è questa la cosa che ancor più mi ha fatto male: sentirsi dire che, se non fossi stato io, ma un altro essere umano, sarebbe stato tutto normale».

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