Domenica, 06 Dicembre 2020 19:15

Nardodipace "paese più povero d'Italia", dall'etichetta mediatica al progresso mancato

Scritto da Bruno Greco
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Foto di Salvatore Federico Foto di Salvatore Federico

Responsabile della comunicazione di Rubbettino, studioso e opinionista ma, soprattutto, nato e cresciuto a Nardodipace. Con la sua analisi Antonio Cavallaro ha suggellato lo speciale che "Detto tra noi", programma di approfondimento informativo in onda ogni giovedì su Radio Serra, ha dedicato alla comunità del paese che segna il confine lontano tra le province di Vibo e Reggio. La riflessione di Cavallaro parte da quel mondo descritto dalla penna di Sharo Gambino in Sole nero a Malifà fino ad arrivare ai giorni della pandemia. «Sicuramente la Nardodipace attuale è cambiata – ha spiegato nell’incipit Cavallaro – così come la Calabria. Per rendersi conto di questo cambiamento consiglio la lettura di Un treno nel Sud di Corrado Alvaro, che fotografa il contesto di quegli anni. Siamo passati dal periodo agro-pastorale e arcaico a quello post-industriale, bypassando proprio la fase della produzione tipica delle società industriali». L’attenta e puntuale analisi del responsabile relazioni esterne della Rubbettino ha sottolineato come anche a Nardodipace l’odierna società dei consumi si sia “scontrata” con quella agro-pastorale, senza vivere il necessario intermezzo della produzione che è tipica delle realtà industriali. Una dimensione “monca”, da un mero punto di vista economico, catapultata direttamente nelle regole di quella Società liquida sapientemente descritta da Zygmunt Bauman.

Passando poi alla tristemente famosa etichetta accollata a Nardodipace quale “Comune più povero d’Italia”, Cavallaro ha precisato: «Dietro quell’etichetta c’è innanzitutto una fortuna mediatica. La ricerca in base alla quale Nardodipace è stato classificato come comune più povero d’Italia in realtà non diceva questo. Lo stesso Giorgio Marbach, che condusse quell’indagine statistica nel 1989, metteva in guardia i lettori dal fare confronti tra comuni che si trovassero nella stessa fascia. La ricerca sostanzialmente diceva che c’era una Calabria interna che viveva in una situazione di povertà. Se Nardodipace allora aveva 3,5 milioni (in lire) di reddito pro-capite, Fabrizia ne aveva 3,7 e Serra 4,2. Quando fu fatta l’indagine l’unico a registrare un reddito pro-capite più alto era il capoluogo, Catanzaro, con 5,7 milioni di lire. Dimensione comunque lontanissima dai comuni che dominavano la classifica. Penso a Portofino che registrava 35 milioni di reddito pro-capite. Fu la semplificazione giornalistica, e l’espediente mediatico, a portare al successo l’etichetta di “Comune più povero d’Italia».

Come spiegato sempre da Cavallaro, oggi Nardodipace subisce un ulteriore impoverimento anche di riflesso, in quanto venendo a mancare i servizi essenziali in comuni come Serra – si pensa ad esempio alla chiusura dei reparti ospedalieri – necessariamente si amplifica lo stato di isolamento dei territori periferici.

Il consumismo, la Società liquida e la frenesia attuale, oltre ad apportare notevoli cambiamenti al contesto sociale hanno anche modificato completamente il modo di raccontare le cose. Antonio Cavallaro, facendo tesoro di alcune corrispondenze in suo possesso, ha sottolineato come Sharo Gambino avesse raccontato, in presa diretta, l’alluvione di Nardodipace nel 1951, la sua ricostruzione, la visita del presidente della Repubblica Luigi Einaudi e del presidente del consiglio Alcide De Gasperi. «Oggi quello che manca – ha chiosato Cavallaro – è il giornalismo vero e proprio, la riflessione. Un’inchiesta si costruisce in un pomeriggio mentre in passato ci volevano dei mesi. Quando c’è il bisogno di raccontare una realtà complessa a farne le spese è appunto il racconto».

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