Giovedì, 30 Gennaio 2020 08:35

Omicidio Lacaria, condanna definitiva a 14 anni per Giuseppe Zangari

Scritto da Redazione
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(Gli avvocati Giuseppe Mercurio e Gianluca Serravalle) (Gli avvocati Giuseppe Mercurio e Gianluca Serravalle)

Si è tenuto ieri, presso la Prima sezione penale della Corte di Cassazione di Roma, il processo relativo all’omicidio di Bruno Lacaria, trovato morto in una zona boscata della Lacina il 27 febbraio 2017, e che vedeva imputato il compare d’anello Giuseppe Zangari.

La Suprema Corte ha accolto le richieste dei legali della famiglia (avvocati Giuseppe Mercurio del Foro di Catanzaro, avvocato Raffaele Barbara del Foro di Vibo Valentia e avvocato Gianluca Serravalle del Foro di Cosenza) rigettando il ricorso della difesa di Zangari. In seguito alle richieste degli avvocati della parte civile la Corte ha confermato la sentenza della Corte d’assise di appello di Catanzaro, che aveva condannato Zangari a 14 anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese legali con conseguente esecuzione della sentenza. I legali della famiglia di Lacaria si ritengono «soddisfatti per l’esito di un giudizio che mette la parola fine ad una triste vicenda e riafferma un principio di giustizia per una famiglia che ha perso tragicamente un punto di riferimento quale era il dott. Lacaria».

Dell’uomo, 52enne residente a Spadola, si era persa ogni traccia a partire dall’8 febbraio 2017. Zangari, nelle ore immediatamente successive alla scomparsa, aveva simulato un’aggressione da parte di due persone a volto coperto che a suo dire lo avevano costretto a ingerire del pesticida in prossimità di un magazzino di sua proprietà. Una dinamica che in realtà non aveva mai convinto gli inquirenti, tanto che venti giorni dopo era stato proprio Zangari a confessare spontaneamente il delitto. In quell’occasione l’uomo aveva anche indicato ai carabinieri di Serra San Bruno il luogo esatto in cui trovare il cadavere di Lacaria. L’omicidio - sempre secondo il racconto di Zangari - sarebbe avvenuto al culmine di una dura colluttazione e il colpo fatale sarebbe stato inferto al commercialista all’altezza del capo con un bastone, mai però rivenuto dagli inquirenti. Il motivo della lite - sempre secondo quanto dichiarato dal 47enne - riguarderebbe un debito contratto con la vittima, divenuto nel tempo sempre più pesante e complicato da saldare.

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