Lunedì, 11 Maggio 2015 14:34

Quella sedia vuota ci appartiene

Scritto da Salvatore Albanese
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Il tempo scorre cinico e veloce. Si lascia alle spalle ogni fatto, ogni storia. Tutto, anche nel giro di pochi giorni, assume contorni quasi inconsistenti. È forse questo il maggior male di una società veloce, pronta a mutare incessantemente e a guardare avanti anche quando si scontra con vicende che dovrebbero essere considerate cruciali. Siamo animati, forse, dall’aspirazione di poter essere un qualcosa che probabilmente non saremo mai. Vorremmo migliorarci, progredire, e intanto – quasi senza accorgercene – pratichiamo la distruzione della nostra stessa storia. È in questi casi, allora, che si avverte il peso dell’assenza e del vuoto lasciato da personaggi che, seppur presenti, sono costretti al margine. Uomini che avrebbero potuto continuare a dare beneficio alla nostra società. Persone quasi mai minimizzate al solo ambito che gli compete per “mestiere”, perché capaci di intuizioni molto più larghe. Di idee che dovrebbero essere seguite come rotte maestre.

Prendete una cerimonia per alcuni importante e per altri no, calata in un caldo pomeriggio di maggio e per questo insolito alle nostre latitudini. È il venticinquesimo anniversario dell'Incoronazione di “Maria SS. Assunta in Cielo di Terravecchia” e della proclamazione ad Arcicofraternita dell’omonima Congregazione. Piazza San Giovanni, a Serra San Bruno, qualche mezz’ora prima del crepuscolo, si riempie a metà di fedeli. Per l’occasione si celebra una messa solenne, presieduta dall’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone. Il presule parla dall’altare. Ad ascoltarlo diversi preti assieme ai rappresentanti delle altre due congregazioni serresi, a quelli delle associazioni di volontariato, alle autorità civili e militari, a centinaia di cittadini. Sul palco, tappezzato di celeste, tra le poltrone sistemate una di fianco all’altra, vogliamo però immaginare una sedia vuota che in realtà neanche c’era, ma che rende l’idea di un’assenza muta e rumorosa allo stesso tempo.

C’era invece nell’aria l’attesa rimasta inappagata dell’ennesimo “colpo di scena”. Perché proprio il Vescovo Bertolone, qualche giorno prima, sempre a Serra San Bruno, con un decreto imprevisto ha vietato per sempre a Don Gerardo Letizia di celebrare la messa domenicale all’interno del Centro anziani di piazza Nenni, struttura fondata dallo stesso sacerdote serrese.

La presa di posizione del Vescovo è arrivata proprio nella chiesa di San Biagio in cui Don Gerardo, dal 1993 al 2014, anno in cui è andato in pensione, ha svolto il suo esercizio di parroco. Un decreto pronunciato il 30 aprile scorso, dunque, in occasione della funzione durante la quale alcuni ragazzi hanno ricevuto il sacramento della Cresima. Alla fine della celebrazione, ecco quindi le parole del Vescovo riecheggiare nella chiesa gremita, e che, a distanza di diversi giorni, stanno ancora destando una serrata polemica per le vie della cittadina della Certosa. O meglio, tutti ne mugugnano assai vilmente qualcosa, ma nessuno, in maniera esplicita, ne parla.

Il messaggio, che forse non ricalca esattamente i principi di solidarietà cristiana, non ha alla base una motivazione al momento conosciuta dai fedeli, che quasi ingenuamente continuano a chiedersi se esistano in Calabria, in Italia e nel mondo, preti in pensione a cui è consentito celebrare messa semplicemente alla presenza di uno sparuto gruppo di vecchietti.

Non vogliamo soffermarci, anche se potremmo, sul ruolo sociale che don Gerardo ha avuto nel tempo e che vorrebbe probabilmente continuare ad avere per una comunità che gli appartiene e a cui lui stesso appartiene. Il rischio sarebbe forse quello di scindere il paese in fazioni belligeranti che poco possono giovare ad un popolo che dovrebbe sentire piuttosto la naturale esigenza di ricompattarsi di fronte a certe vicende, anche solo semplicemente per trovare la forza di riuscire a domandare il perché di siffatte prese di posizione. Eppure, ogni interrogativo viene proferito con timore, sottovoce, si trasforma in un brusio sommesso, quasi invisibile, di sicuro inappagato. Serra San Bruno ingoia e va avanti, in silenzio, con gli occhi puntati verso una sedia vuota che in realtà neanche c’è.

 

(Foto Raffaele Timpano)

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