Sabato, 14 Novembre 2020 10:37

Dai tagli agli ospedali al partito della sanità privata. Così la Calabria è diventata zona rossa

Scritto da Redazione
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Sanità calabrese e “zona rossa” sono stati, questa settimana, gli argomenti principali di attualità all’interno del programma “Detto tra noi”, andato in onda giovedì su Radio Serra.

Si è dunque partiti dalle evidenti carenze di un sistema sanitario che spesso si regge sui sacrifici degli stessi operatori, per arrivare alla recente querelle che ha caratterizzato l’avvicendamento dei commissari ad acta per il “Piano di rientro” della Sanità calabrese. Da Saverio Cotticelli a Giuseppe Zuccatelli (con gaffe annesse) fino alla possibilità di Gino Strada.

Ai microfoni di Daniela Maiolo e del direttore del Vizzarro Sergio Pelaia, per la regia di Bruno Iozzo, c’è stata in collegamento telefonico una «giornalista tosta», come definita dai conduttori, la cronista di Repubblica e L’Espresso Alessia Candito. Partendo proprio dalla possibilità di vedere Gino Strada all’opera in Calabria, Candito ha esordito: «L’idea di coinvolgerlo ha acquisito una certa solidità, anche se il governo è entrato così in un oggettivo pantano politico legato alle difficoltà di sconfessare se stesso a pochi giorni dalla nomina di Zuccatelli». Giravolte e divergenze politiche a parte, per la cronista di Repubblica «la sanità calabrese non si gestisce semplicemente con una nomina». Il punto principale è comprendere come si sia arrivati al disastro totale del settore. «Il commissariamento si protrae da quasi 11 anni – ha continuato Candito – e questo ha avuto un significato molto concreto non solo in termini di offerta di salute – con la desertificazione della medicina territoriale, ospedali chiusi, reparti sguarniti, blocco del turn-over che ha portato ad oltre 4mila persone tra medici, infermieri e Oss usciti dal sistema e mai sostituiti – ma anche in termini di spese per compensare questo deficit di salute. Dove si è deciso di tagliare nel pubblico spesso si è sostituito con convenzioni che hanno arricchito la sanità privata la quale in Calabria ha una sponda politica importante, che rende la partita molto complicata e la Regione poco credibile, con in primis il centrodestra che ha nella pancia una gigantesca rappresentanza del “partito della Sanità privata”». Un commissariamento figlio della cattiva politica che in questo contesto ha dunque le maggiori responsabilità. Rispetto invece alla classificazione della Calabria come “zona rossa” Candito ha spiegato: «Si sono sentite dichiarazioni al limite dell’irresponsabilità da parte di tanta politica che ha messo a rischio le persone, facendo credere che non ci fossero le condizioni per la zona rossa. Il tutto soffiando sul fuoco di una frustrazione che si è trasformata in protesta di piazza, chiaramente di stampo propagandistico ed elettoralistico». Rispetto dunque alla scelta di qualificare la Calabria come “zona rossa” Candito ha chiosato: «È vero che i contagi non sono alti ma comunque abbiamo un indice di trasmissione (Rt) elevato che in alcune zone arriva a 1,9, un parametro che già ci condanna. In più la cosa più grave è che i dati non sono certi. La Regione, che ha il compito di accorparli e inviarli a Roma affinché vengano valutati, non è stata in grado di trasmettere dati sufficientemente verosimili per essere presa sul serio». Contagi a parte, i criteri previsti dall’Istituto superiore di sanità riguardano tanti altri aspetti: «I parametri sono 21 – ha continuato – e quei pochi contagi che abbiamo per il nostro sistema sanitario rappresentano una bomba impossibile da gestire. Questo dovrebbe essere motivo di vergogna per tutti i politici che si sono avvicendati negli anni. I report del Ministero della Sanità dicono che la Calabria non è in grado di garantire il “Livelli essenziali di assistenza”. È vero che la sanità è commissariata ma la Regione ha mantenuto sempre voce in capitolo, sennò non si spiegherebbe un presidente facente funzioni che annuncia più posti in terapia intensiva, come se da soli servissero a risolvere il problema. Ricordiamoci che se abbiamo una sanità commissariata – ha detto infine la giornalista di Repubblica – è perché per anni è stata prateria per la politica, che l’ha usata come grande succo elettorale, e un enorme business per le mafie. Il Financial Times ci ha raccontato questa estate come sulle fatture non pagate delle Asp, cartolarizzate e trasformate in prodotto finanziario, la mafia abbia ripulito soldi confluiti in un bond finito in pancia a Generali».

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