Mercoledì, 01 Luglio 2020 17:58

“La forgia di Mastro Bruno”, il sogno di Riace riparte dalla bottega di un fabbro serrese

Scritto da Bruno Greco
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Il sogno di Domenico Lucano e della sua Riace non si ferma. L’esperienza di Mimmo “Il curdo” è stata da monito per tutto il mondo e, forte dei valori di fratellanza e giustizia sociale, ha mostrato come lo spauracchio del diverso sia solo un misero espediente da utilizzare per secondi fini. I provvedimenti dell’ex ministro Salvini hanno messo i sigilli a un progetto ma non al sogno che, per sua natura, non può essere imbrigliato.

Riace ha perso gran parte dei suoi figli arrivati con i programmi di integrazione, che hanno dato vita al “Villaggio globale”, ma nonostante tutto ha deciso di ripartire, anzi, non si è mai fermata. «L’anima solidale di Riace tornerà ad ardere con la “forgia” di Mastro Bruno». Gli attivisti di Radio Ciroma e Stopndrangheta hanno salutato così il nuovo progetto di Mimmo Lucano, che è già al lavoro per ridare vita a un luogo che lo stesso ex sindaco definisce «storico». Un posto legato strettamente a Serra San Bruno, dato che è appartenuto proprio a un serrese, che alla fine dell’800 ha lasciato la cittadina della Certosa per trasferirsi a Riace. «Riportare alla luce queste vite – sono le parole di Mimmo Lucano – mi riempie di orgoglio perché si tratta di persone che hanno avuto un’estrema importanza all’interno della comunità. Uomini, artigiani, che, parafrasando Pasolini, il giorno in cui questo paese li perderà non avrà più storia».

Sulla scia delle botteghe solidali che hanno contributo alla rinascita del centro storico di Riace, Lucano ha deciso dunque di ripristinare un luogo oramai ridotto a rudere: “La forgia di Mastro Bruno”. Tutto sarebbe nato con una storia di emigrazione che adesso si va a mescolare alla storia dei migranti di Riace. Domenico Pisani di Serra San Bruno, come la gran parte dei serresi (e non solo), era solito andare in pellegrinaggio ai Santi Medici Cosma e Damiano a Riace. Alla fine dell’800, incontra a Riace quella che diverrà la sua futura moglie e si trasferisce proprio nella città dei Santi Medici. Sembra strano parlare di emigrazione, da Serra a Riace, ma nei primi anni del 900 anche il poeta scalpellino Mastro Bruno Pelaggi, recatosi a Santa Caterina sullo Jonio per lavoro, si considerava un “emigrato” a causa della lontananza affettiva percepita in un luogo che non fosse il suo paese.

«Domenico Pisani – spiega Lucano al Vizzarro – dopo aver incontrato l’amore della sua vita alla festa dei Santi Cosma e Damiano, si è trasferito a Riace e ha continuato a fare il suo mestiere di fabbro. Mestiere che poi ha trasmesso al figlio Bruno, per questo motivo il luogo che stiamo cercando di ripristinare è ricordato come “La forgia di Mastro Bruno”». L’idea di ridare vita all’antica bottega artigiana si sviluppa durante il lockdown, di seguito alla pandemia da Nuovo Coronavirus. Nel suo piccolo Lucano non ha mai smesso di creare le condizioni per accogliere il prossimo. Così Tony, un ragazzo nigeriano, per dimostrargli la sua gratitudine ha deciso di aiutarlo a ristrutturare questo nuovo posto della memoria, che in futuro potrebbe offrire lavoro proprio a Tony, Mario (ragazzo del Gambia) e Damiano (riacese figlio di pastori). La filosofia dell’integrazione non si ferma e durante la pandemia sono nati anche 7 bambini e altri 4 arriveranno presto.
«Discutere di queste cose – ha detto ancora Lucano – mi fornisce gli input giusti per ricostruire i fatti che tengono legati a doppio filo Riace e Serra. Per questo motivo adesso mi piacerebbe anche tanto approfondire il forte legame che esiste tra i serresi e la nostra festa dei Santi Medici. All’inizio Domenico e Bruno Pisani mi hanno attratto da subito per la connotazione politica e sociale che aveva in quel periodo mestiere del fabbro. Il posto che stiamo ripristinando, “La forgia di Mastro Bruno”, era una tappa obbligata della Riace bracciantile. Ferro, fuoco e acqua erano i tre elementi principali che questi per me grandi uomini utilizzavano nella realizzazione degli strumenti dei contadini. Quindi si può immaginare il via vai creato dai tanti lavoratori all’interno della “forgia”, un luogo in cui è facile pensare anche al malcontento espresso dai braccianti nei confronti dei latifondisti. Una sorta di circolo nel quale si mettevano da parte i filtri ed emergeva la realtà sociale del tempo».

La bottega dove un tempo si praticava “la mastrànza di la Serra” (locuzione con la quale venivano riconosciuti gli artigiani serresi), oggi potrebbe riaprire, creare reddito per tre ragazzi ed essere a disposizione delle persone di Riace e del circondario. E perché no, restando sempre in tema della lavorazione dei metalli, diventare un laboratorio di oreficeria, magari grazie alle lezioni di un grande orafo calabrese: «L’idea di creare dei corsi a Riace – ha detto infine Lucano – mi era già stata prospettata varie volte dal maestro Gerardo Sacco. Questa potrebbe essere l’occasione giusta».

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