Sabato, 23 Ottobre 2021 16:43

La ricognizione delle reliquie di San Bruno. La storia e le immagini del rito

Scritto da Tonino Ceravolo
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Foto di Bruno Tripodi Foto di Bruno Tripodi

Sono immagini che senza dubbio resteranno. Le pubblichiamo per volontà del priore della Certosa, dom Ignazio Iannizzotto, che ha acconsentito a una specifica richiesta del Vizzarro, consapevole del desiderio della cittadinanza serrese di beneficiare di una documentazione di questo rito, che si è sempre svolto nella clausura del monastero. Un gesto di condivisione che rinsalda il legame intimo e silenzioso tra la comunità certosina e  gli abitanti di Serra San Bruno. Le foto di Bruno Tripodi (potete vederle nella gallery in basso) testimoniano la ricognizione delle reliquie di San Bruno custodite nel busto argenteo cinquecentesco che ogni 6 ottobre, fatta eccezione per gli ultimi due anni a causa della pandemia, attraversa il paese in processione. L'apertura del busto e la ricognizione sono avvenute il 18 ottobre - qualche giorno dopo il "ritorno" in Certosa in seguito al consueto periodo di esposizione nella chiesa Matrice - in occasione del restauro dell'opera (ve ne abbiamo parlato qui, mentre qui potrete ascoltare la nostra intervista esclusiva al priore). Pubblichiamo di seguito un breve contributo su questo rito scritto da Tonino Ceravolo, storico e antropologo, mentre per informazioni più approfondite rimandiamo i lettori al capitolo "In morte quoque non sunt divisi" del suo libro "Gli Spirdàti" edito da Monteleone nel 1999 e da Rubbettino nel 2017. (s. pel.)

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Ritrovate, secondo la memoria storica locale, nei primi anni del XVI secolo dietro l'altare della chiesa di Santa Maria, insieme con altre reliquie corporali di Bruno e del suo primo successore Lanuino, le reliquie del cranio di San Bruno furono collocate nel busto argenteo - giudicato da Angelo Lipinsky una mirabile eccezione superstite dell’oreficeria rinascimentale a Napoli – nel 1516, nel momento in cui il prezioso reperto, per quanto smembrato e ridotto alla sola calotta cranica fino alla arcate orbitali, venne restituito alla Certosa calabrese, dopo che nel 1515 il priore del monastero calabrese Pietro De Riccardis, per  «[...] affetto verso della propria Casa professa», come ricorda Tromby, aveva mandato il cranio del santo, ancora non collocato nel reliquiario anatomorfo, alla Certosa di S. Martino a Napoli.

Dopo le prime ricognizioni in coincidenza con il recu­pero cinquecentesco della Certosa, le reliquie rimasero, fino al 1808, nella chiesa del monastero, dove, tra l’altro, ebbe modo di vederle Mons. Andrea Perbenedetti durante la sua visita apostolica del 1629, poi, con la soppres­sione del monastero operata dal governo bonapartista, vennero portate nella chiesa Matrice di Serra. Dagli inizi del XVI secolo la storia delle reliquie del cranio, a partire dai quei frangenti sempre conservate nel busto argenteo, deve essere, per così dire separata, dalla storia delle altre reliquie di Bruno, che, nel maggio 1825, conobbero nella chiesa Matrice una nuova ricognizione da parte di Mons. Giuseppe Pellicano, vescovo di Gerace, che le attribuì in parte a San Bruno in parte al Beato Lanuino, per poi farle sigillare in una cassa di piombo.

Nel 1857 nuovo ritorno delle reliquie in Certosa, dove vennero collocate nella Cappella Priorale e dove il 6 ottobre 1893, fe­sta di San Bruno, Mons. Raffaele Morisciano, vescovo di Squillace, diocesi di cui Serra era entrata a far parte nel 1852, in occasione della predisposizione di un nuovo reliquiario ebbe modo di fare una nuova ricognizione, come attesta uno scarno documento conservato in originale nell’Archivio certo­sino. Lo stesso Mons. Morisciano, in una lettera del 25 maggio 1895, indirizzata al Padre vicario della Certosa, avrebbe sottolineato il legame tra ricognizione e autenticità delle reliquie, rilevando come “l’atto dell’Autenticazione è personale nell’autorità del Vescovo, come ad esempio quella del Notajo nel compilare un istrumento”.

All’atto della consacrazione della Chiesa conventuale (1900) le reliquie abbandonavano la Cappella Priorale e venivano sistemate sopra l’altare, con i reperti corporali di Bruno e Lanuino, fatta naturalmente eccezione per quelli della calotta cranica di Bruno custoditi nel busto, lasciati ben visibili dentro una teca con vetri. Il 14 settembre 1910, Dom Francesco Sales Pollien e Dom Eusebio de Guglielmi, visita­tori ordinari delle Case certosine italiane, aprivano questo reliquiario e, dopo una minuziosa rico­gnizione dei resti di Bruno e Lanuino, redigevano un accurato verbale nel quale per la prima volta si elencava con puntualità “metrica” lo stato delle reliquie dei due santi monaci. Era questo una sorta di atto preparatorio a un ulteriore trasferimento delle reliquie, effettuato neppure un anno dopo, il primo giugno del 1911, dagli stessi Dom Pollien e Dom Forlai, ovviamente dopo aver effettuato una nuova ricognizione. Il 17 settembre 1912, il vescovo di Squillace Mons. Eugenio Tosi, in visita alla Certosa di S. Stefano, confermava “auctoritate suam” l’operazione.

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