Lunedì, 15 Aprile 2013 17:37

Omicidio Lazzaro: stub per due fermati. Il ritorno della faida dietro la mattanza di ragazzi

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mini lazzaroL’agguato a Salvatore Lazzaro è stato pianificato in ogni dettaglio. Il killer, appostato dietro la finestra dell’abitazione del 23enne, ha aspettato il momento giusto per fare fuoco sul suo obiettivo. Due colpi di fucile calibro 12: uno, mortale, colpisce il giovane tra testa e collo. Il sicario fugge, aiutato da uno o più complici. Sono le 21 di venerdì. Quel giorno è successo qualcosa di strano: la mattina un uomo viene fermato nel territorio di Pizzoni e derubato da due individui armati, il pomeriggio alcuni colpi d’arma fuoco vengono sentiti a Serra San Bruno, in una zona poco abitata, vicina al bosco. Le forze dell’ordine si mobilitano per indagare sui due episodi, ma qualche ora dopo dovranno occuparsi dell’agguato di Savini, frazione di Sorianello, teatro di una faida infinita che covava sotto cenere e che è riesplosa nell’ultimo anno. Se gli episodi in questione siano scollegati, se sia solo una coincidenza, o se qualcuno abbia provato a deviare l’attenzione delle forze dell’ordine dal territorio compreso tra Sorianello e Gerocarne, è difficile dirlo.

E’ però anche questa una delle ipotesi a cui stanno lavorando gli investigatori, che intanto hanno già individuato una probabile pista: due giovani sono stati fermati e sottoposti all’esame dello stub. I risultati dei Ris di Messina arriveranno tra qualche giorno, intanto oggi sarà effettuata l’autopsia sul corpo del ragazzo.

Salvatore Lazzaro era agli arresti domiciliari per droga. Era cugino di Nicola Rimedio, 26 anni, anche lui precedenti per droga, ucciso il 2 giugno scorso sulla strada che da Savini porta a Serra. Una mattanza di ragazzi, come Antonino Zupo, 31 anni, anche lui ucciso a casa sua mentre era ai domiciliari per droga (operazione “Ghost”), e come Filippo Ceravolo, 19enne estraneo alla faida, ucciso il 22 settembre perché, probabilmente, scambiato per un altro. Forse, è l’ipotesi degli inquirenti, l’obiettivo degli assassini di Filippo era il proprietario dell’auto su cui si trovava il 19enne,  Domenico Tassone, 27 anni, noto alle forze dell’ordine, cugino di Giovanni Emanuele, 23 anni, rimasto gravemente ferito, ma sopravvissuto, in un agguato avvenuto l’1 aprile dello scorso anno. Giovanni Emanuele è a sua volta cugino di Bruno Emanuele, 39 anni, ritenuto il boss dell’omonimo clan operante sul territorio di Gerocarne, Soriano e Sorianello, ora in carcere per varie accuse, tra cui quella di essere il responsabile ed esecutore del duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo, avvenuto il 22 aprile 2002.

Agli atti dell’operazione “Luce nei boschi 2” c’è la testimonianza di Antonio Forastefano, boss di Cassano allo Jonio, in passato legato da amicizia a Bruno Emanuele, oggi collaboratore di giustizia. Sarebbero stati proprio Emanuele e Forastefano, stando al racconto del pentito, a compiere il duplice omicidio, che ha decapitato la cosca Loielo e avrebbe fatto diventare Emanuele – secondo i magistrati della Dda di Catanzaro – il boss incontrastato della zona. Quello su cui stanno lavorando gli inquirenti, ora, è la possibilità che con l’arresto del boss 39enne possa essersi riaperta la vecchia faida tra i Loielo e gli Emanuele: in gioco ci sono certamente gli affari derivanti dal traffico di droga e il controllo del territorio, ma a muovere le ‘ndrine potrebbero essere anche vecchie vendette consumate in una striscia di terra – tra Ariola, frazione di Gerocarne, e Fago Savini, di Sorianello – macchiata un’altra volta dal sangue di troppi ragazzi uccisi senza pietà.

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