Venerdì, 01 Aprile 2016 15:22

San Nicola e Capistrano, una centrale idroelettrica alimentata dal fiume Angitola e dal fosso Batia

Scritto da Salvatore Albanese
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Dopo il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio della Calabria rispetto alla realizzazione di un impianto idroelettrico ad “acqua fluente”, da realizzare nei Comuni di Capistrano e San Nicola da Crissa, è arrivato ieri anche il via libera della Provincia di Vibo Valentia.

L’ente di contrada Bitonto – al fine dell’adempimento delle competenze istruttorie – ha infatti rilasciato l’autorizzazione paesaggistica e ambientale, utile all’avvio delle attività, per un’opera che verrà, dunque, alimentata dalle acque del fiume Angitola (nel territorio comunale di Capistrano) e da quelle del fosso Batia (nel territorio di San Nicola da Crissa). La concessione per la derivazione ed uso di acque pubbliche mediante opera di presa da fiume era stata sollecitata dall’ingegner Giuseppe Condello, amministratore unico della società “Energia da fonti rinnovabili Srl’, la stessa che si occuperà della realizzazione dell’impianto. 

Le opere di presa in questione – secondo quanto si desume dagli atti della Provincia – sarebbero due, site, come già detto, nei due Comuni dell’entroterra vibonese, e per le quali occorrerebbero quindi altrettante condotte di adduzione, sfocianti in una vasca di carico da ubicare a San Nicola da Crissa, cui farà capo una “condotta forzata” che alimenterà una centrale idroelettrica da realizzare invece a valle, nel territorio di Capistrano.

La quantità totale di acqua richiesta dall’impianto è di 548 litri al secondo, mentre la potenza nominale di concessione è di 491 Kw, per una salto (dalla “quota soglia sfiorante” fino alla “quota di restituzione”) di 328 metri su livello del mare.

Gli impianti ad “acqua fluente” – molto usati all’inizio del secolo scorso in particolare per azionare macchine utensili in piccoli laboratori e diffusi oggi soprattutto in Svizzera – sono descritti come impianti a «impatto ambientale contenuto e limitato». Questi, però, non dispongono di alcuna capacità di regolazione degli afflussi, per cui la portata sfruttata coincide con quella disponibile nel corso d’acqua (a meno di una quota detta deflusso minimo vitale, necessaria per salvaguardare l’ecosistema). Ne consegue che la turbina afferente all’impianto produce energia con modi e tempi totalmente dipendenti dalla disponibilità del corso d’acqua.

L’inizio dei lavori, secondo le prescrizioni della Soprintendenza regionale delle Belle Arti e Paesaggio, è subordinato al rilascio del necessario nulla-osta da parte del Corpo Forestale dello Stato. La vegetazione esistente, inoltre, «non dovrà subire danneggiamenti in alcun modo», dovrà, anzi, essere integrata con «essenze vegetative tipiche del luogo», così come «si dovranno salvaguardare, dove possibile, le specie endemiche o comunque esemplari arborei o arbustivi di particolare pregio e lo sviluppo vegetativo». Allo stesso tempo, «le aree di cantiere dovranno essere limitate al minimo indispensabile; la sistemazione della viabilità esistente di accesso alle aree di intervento nonché Ia realizzazione di eventuale nuova viabilità, dovrà essere realizzata con terreno stabilizzato carrabile».

«Per eventuali interventi sulle scarpate – prosegue la Soprintendenza – si dovrà fare ricorso a tecniche di ingegneria naturalistica; e comunque andranno presentati i relativi elaborati grafici di dettaglio per la necessaria autorizzazione». Inoltre, «l'edificio denominato “Fabbricato centrale” e Ia “cabina Enel” dovranno essere realizzati usando intonaco a grano grosso e colorato in pasta, con tinte tenue che ben si inseriscono nell'ambiente circostante; le coperture dovranno essere realizzate con tegole tipo “coppi” di colore chiaro; le recinzioni andranno realizzate esclusivamente da siepi ed eventuali esigenze di riservatezza andranno assicurate esclusivamente tramite le siepi predette di idonea altezza; le aree adiacenti all’impianto dovranno essere piantumate con alberature di dimensioni e altezza tali all’impianto da assicurare idoneo rinverdimento del sito».

Per quel che concerne, invece, le derivazioni previste sul fiume "Angitola" e sul fosso "Batia", nonché lo “vasca di transito portante”, «dovranno, se possibile, essere realizzate in pietra naturale, o, quanto meno, avere una finitura in pietra naturale». Sempre la Soprintendenza prevede anche la realizzazione di opere di mitigazione «attraverso l’inerbimento ed il mascheramento degli interventi», da realizzare con «specie caratterizzata da un potente apparato radicale adatto a formare una stabile copertura vegetale». A tale riguardo la specie da mettere a dimora «dovrà essere autoctona». Dopo aver effettuato gli scavi per la realizzazione dell’impianto dovrà essere ripristinato «lo stato dei luoghi ante opera», garantito da tutte le «opportune misure di ripristino morfologico e vegetazionale». A lavori ultimati dovrà essere presentata relativa documentazione fotografica, attestante, in particolare, la messa a dimora degli impianti vegetazionali in conformità alle prescrizioni dettate dunque dalla Soprintendenza. 

 

Foto www.domenicosantoro.it

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