Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
In una serie di corsi e ricorsi storici di Vichiana memoria, Berlusconi, giocatore di poker impazzito, si auto rilancia e a distanza di soli 20 anni torna nella mischia per salvare sé stesso. Perché fra quelle due dichiarazioni così uguali e diverse allo stesso tempo in mezzo c’è un processo, c’è una condanna. E tanti altri molto simili potrebbero seguire. Aggrappato alla culla della neonata seconda Repubblica, a metà degli anni ’90, per salvare la Fininvest dal crack e soprattutto per salvare se stesso dalla galera, si rese autore di una poco velata dichiarazione d’amore a Gianfranco Fini, in quel momento in lizza contro Rutelli per la carica di primo cittadino della capitale: “Io voterei Fini!”. Poi scese in campo aprendo un’era, strategico quanto un Napoleone: un partito col nome Italia; il logo con la bandiera tricolore; le campagne elettorali rigonfie di amore e speranza; tv, assicurazioni ed aziende varie in tasca; Capello al timone di una squadra macina trofei con in campo Gullit, Van Basten, Savicevic e Massaro; in bacheca la Coppa dei Campioni, lo scudetto, la Supercoppa Italia e la finale della Intercontinentale.
Ora il settantaseienne Berlusconi è pronto a ridare spettacolo. I fan, a dire il vero rimasti in pochi, lo acclamano. I lacchè di partito, ancora tanti, lo elogiano come il figliol prodigo riabbracciato dopo tante ansie. Perché con lui, con Berlusconi di nuovo a casa, si sentono tutti un po’ più belli, forti e vincenti. Anche se alla fine, sotto sotto, i motivi della “scesa in campo” sono sempre uguali: la Fininvest, col tempo divenuta Mediaset, ancora sul ciglio del tracollo finanziario e la galera pronta ad attenderlo. E per non farsi mancare nulla, anche se la squadra di famiglia non ha più i Van Basten o i Gullit a disposizione e rimane in panne a metà della serie A, l’urlo della riscossa politica da cui dovrebbe riemergere l’Italia arriva ancora da Milanello. Su un paradisiaco prato verde, circondato dal calore del mister, di Galliani (anche lui sempre uguale e sempre al suo posto), dei giocatori e delle sciarpe rosso-nere sollevate al vento dalla folla dei tifosi che ha questo punto, in vista delle prossime politiche, legittimamente non possono che iniziare a sognare Balotelli e Cristiano Ronaldo.
E cosi il maggiordomo Alfano torna in cantina, ed il padrone di casa Berlusconi, all’insegna della novità, riscende in campo e si candida per la sesta volta. Le reazioni del resto del mondo sono scontate, viste e riviste: gli inglesi paventano timore per le ripercussioni sul mercato finanziario continentale, i tedeschi parlano de “Il ritorno della mummia”. Allora per non scontentare nessuno ecco il colpo di coda del Caimano: via l’impopolare Monti, il Pdl lo attacca e ne prende le distanze. Un atto di straordinaria incoerenza se si pensa che fino ad ora proprio il partito di Alfano aveva sorretto e lodato, assieme a Pd ed Udc, il lavoro del Governo tecnico. Ma si tratta allo stesso tempo di un’azione di cinica utilità, l’unica forse utile a sollevare il buon nome del centro-destra agli occhi del popolo. Insomma una maxi operazione di immagine salva-Partito delle Libertà o meglio salva-Silvio Berlusconi.
Poco importa se non esiste al momento un partito che abbia un nome e cognome chiaro, se mancano i protagonisti, il programma elettorale, le colonne sonore alla “menomale che Silvio c’è”, i concetti, le idee, gli avversari, gli alleati, gli slogan, i fantasmi da abbattere e combattere, il nuovo contratto con gli Italiani da sottoscrivere solennemente nello studio di Bruno Vespa o una nuova escort da spacciare per parente di Mubarak . Poco importa se le chance del Cavaliere di tornare alla guida dell'Italia siano pari a zero. Il personaggio fa notizia di per sé, le sue gaffe, le foto in cui è attorniato dalle adorabili oche del bunga-bunga o in cui è ritratto nelle pose più bizzarre, servono tanto a questo Paese. Servono a vivacizzare i giorni austeri in cui galleggia un’Italia in declino. L’importante è, per il momento, che Silvio rimembri ancora.
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