mini ospedale_serraE' prevista per il 21 gennaio prossimo l'udienza preliminare a carico di Gerardo Rinaldo Bertucci, 59enne medico e vicesindaco di Serra, e di Fabiana Ceniti, 51 anni di Brognaturo, finiti entrambi nel registro degli indagati per la morte di Giuseppe Schiavello, il 62enne serrese deceduto il 31 gennaio 2011 a Vibo Valentia, a seguito di un presunto caso di malasanità. Bertucci, che tra l'altro era anche il medico curante della vittima, “omettendo l'esecuzione di appropriati esami ematochimici ad elevata valenza diagnostica per svelare la presenza di un fatto trombotico in atto”. Ceniti, invece, medico del Pronto Soccorso dell'ospedale di Serra, secondo l'accusa avrebbe praticato, “pur in assenza di un quadro clinico che deponeva per una trombo embolia polmonare, esclusivamente ossigenoterapia unitamente a Tefamin e Bentelan per via endovenosa, omettendo terapie farmacologiche idonee a lisare i trombi che occludevano quote importanti dell'albero vascolare polmonare”. Entrambi, dunque, secondo l'accusa “non impedivano l'aggravamento delle condizioni del paziente con grave embolia polmonare e, così facendo, cagionavano la morte di Schiavello”.

Il 62enne, inoltre, aveva già accusato malori dieci giorni prima del decesso e il medico di famiglia, Bertucci, secondo quanto riferito dai familiari aveva praticato nei suoi confronti delle cure con semplici antipiretici. L’ultima visita effettuata presso la residenza di Schiavello era stata eseguita nel giorno antecedente al decesso, verso le 11.30 del mattino, quando il paziente presentava ormai notevoli difficoltà respiratorie e chiazze nere sul volto, e il medico – sempre a dire dei familiari della vittima – si era limitato a prescrivere un medicinale mucolitico utile al trattamento sintomatico delle affezioni respiratorie. Le condizioni dell’uomo si erano però aggravate già nel primo pomeriggio, fatto che avrebbe indotto i parenti a trasportare il congiunto all’ospedale “San Bruno”, dove gli sarebbe stata riscontrata una polmonite bilaterale, determinata dal funzionamento del solo polmone sinistro. Viste le condizioni, si era reso necessario il suo trasferimento presso lo “Jazzolino” di Vibo, dove però è deceduto.

 

 

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mini toga_tribunaleIl gip distrettuale Abigail Mellace ha disposto la misura degli arresti domiciliari per l' ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia, Maurizio Lento, per il vice, Emanuele Rodonò e per l'avvocato Carmelo Antonio Galati, finiti in manette nel febbraio scorso a seguito di un'operazione della DDA di Catanzaro. Il giudice per le indagini preliminari ha accolto, quindi, le istanze presentate dagli avvocati Guido Contestabile, Armando Veneto, Maurizio Nucci e Sergio Rotundo, per via della perdita di efficacia delle esigenze cautelari in carcere.

I tre erano stati arrestati a fine febbraio nell'ambito di un'operazione condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia del capoluogo di regione – e portata avanti dai Carabinieri del Ros e da quelli della Squadra Mobile – dalla quale sarebbe emerso che Lento e Rodonò avrebbero intrattenuto dei rapporti con in clan Mancuso di Limbadi, fornendo all'avvocato Carmelo Antonio Galati - legale di alcuni elementi di spicco della consorteria mafiosa - informazioni su indagini in corso. Galati era finito in carcere con l'accusa di associazione mafiosa, mentre l'accusa nei confroti di Lento e Rodonò era di concorso esterno.

L'inchiesta che riguarda Lento, Rodoò e Galati trae origine da un'informativa del Ros di Catanzaro denominata "Purgatorio".

 

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mini polizia-di-statoCon una operazione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, i carabinieri dei Ros e della squadra mobile del capoluogo calabrese hanno tratto in arresto l' ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia Maurizio Lento ed il suo vice dell'epoca, Emanuele Rodonò. Entrambi avrebbero intrattenuto dei rapporti con il clan Mancuso di Limbadi, fornendo all'avvocato Carmelo Antonio Galati - legale di alcuni elementi di spicco della consorteria mafiosa - informazioni su indagini in corso. In manette, dunque, è finito anche lo stesso Galati, accusato di associazione mafiosa, mentre nei confroti di Lento e Rodonò pesa l'accusa di concorso esterno. L'inchiesta e' stata coordinata dal capo della Dda Vincenzo Antonio Lombardo, dall'aggiunto Giuseppe Borrelli e dal pm Simona Rossi. 

 

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mini Carabinieri-sorianelloI Carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno tratto in arresto Cosimo Damiano Gallace, di 24 anni, figlio di Vincenzo, il presunto boss della cosca Gallace operante nei comuni di Guardavalle e Badolato. Il giovane è ritenuto dagli inquirenti un elemento di spicco della cosca che, da anni, è coinvolta nell'ormai famigerata ''Faida dei Boschi'', scoppiata inizialmente alla fine degli anni '80 e ripresa di recente con l'omicidio di Carmelo Novella - capo dell'omonimo clan - avvenuto a San Vittore Olona, in Lombardia e con quello di Damiano Vallelunga, il capo del clan dei Viperari, freddato a Riace nel 2009. 
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mini schiumaVIBO VALENTIA –  "L'Istituto Superiore di Sanità, a seguito della richiesta del Prefetto, in relazione alla potabilità delle acque del sistema acquedottistico Alaco, ha dichiarato la propria disponibilità ad assicurare consulenza in merito alle problematiche connesse alla sicurezza delle acque, ai sensi delle disposizioni normative vigenti in materia". Lo rende noto la prefettura di Vibo, comunicando anche che Il Prefetto, pertanto, ha convocato per lunedì 25 marzo 2013 alle ore 12 una riunione tecnica con la partecipazione dei rappresentanti dell’Istituto Superiore della Sanità e degli altri organismi competenti.

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SERRA SAN BRUNO - La decisione è attesa per la fine di marzo. Il conto alla rovescia, dunque, è iniziato. La commissione d'accesso agli atti, insediatasi lo scorso 20 novembre, ha chiesto infatti al capo dell'Utg, Michele Di Bari, una proroga di altri 45 giorni in modo tale da verificare se sull'operato dell'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Bruno Rosi, ci siano stati o meno condizionamenti della criminalità organizzata. Come si ricorderà, il prefetto di Vibo decise per l'invio della commissione d'accesso a seguito del coinvolgimento dell'ormai ex consigliere comunale Bruno Zaffino, nell'operazione ''Saggezza'', condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

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mini gdfVIBO VALENTIA - Tre imprenditori di Vibo ed un commercialista di Lamezia Terme sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza di Vibo con l'accusa di bancarotta fraudolenta . Si tratta dei fratelli Ivano, Emiliana e Giuseppe Ceravolo e di Sergio Scalise. Sequestrate anche due società di distribuzione di prodotti ittici surgelati, la Certesca e la Certesca Ceravolo, per un valore di un milione. Secondo l'accusa, gli imprenditori avrebbero distratto beni della società fallita Food Service per creare le nuove. Dalle indagini, inoltre, - condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Vibo Valentia - è emerso che i fratelli Ceravolo, avrebbero spogliato la società Food service di macchinari e di altri beni, avviandola poi al fallimento, decretato nell'aprile 2011.I beni sarebbero stati poi trasferiti a una nuova società, la Cerpesca. 

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mini bruno_zaffinoSERRA SAN BRUNO - Passerà il Natale in carcere l'ex assessore comunale Bruno Zaffino. Il Tribunale del Riesame ha rigettato il ricorso presentato dal suo legale di fiducia, Giovanni Vecchio, opponendosi quindi alla scarcerazione del consigliere comunale eletto con il Pdl. Zaffino è stato arrestato lo scorso 13 novembre nell'ambito dell'operazione "Saggezza" condotta dalla Dda e dai carabinieri di Reggio Calabria. L'indagine, che ha portato a 39 arresti in diverse province della Calabria e nel Nord Italia, ha portato alla luce l'esistenza di un organismo intermedio di raccordo tra le cosche della 'ndrangheta, denominato "Corona", che si colloca a metà tra il "locale" e il "mandamento". Per Bruno Zaffino, eletto consigliere comunale nel maggio 2011 con un boom di consensi e nominato assessore nella giunta Pdl guidata da Bruno Rosi - poi defenestrato all'improvviso alla fine del 2011 - i magistrati reggini hanno formulato l'accusa di violenza privata aggravata dal metodo mafioso.

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mini Carabinieri-sorianelloSono clamorosi gli effetti delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Daniele Bono sulla faida tra i Patania di Stefanaconi e la cosca emergente di Piscopio. Il pentito accusa il maresciallo Sebastiano Cannizzaro, l'ex comandanate dei carabinieri di Stefanaconi, di aver passato notizie riservate ad alcuni membri della cosca Patania. Il carabiniere, secondo le accuse di Bono, avrebbe rivelato informazioni coperte da segreto (come luoghi di intercettazione e date di perquisizioni) al parroco di Stefanaconi, don Salvatore Santaguida. Il prete e il maresciallo sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Dda di Catanzaro con la pesante accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

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rappoccioLa lista dei consiglieri regionali calabresi finiti nel mirino della magistratura si allunga ulteriormente. Dopo il coinvolgimento di Franco Morelli nel blitz anti 'ndrangheta del novembre scorso e dopo quello di Santi Zappalà, arrestato con l'accusa di associazione mafiosa, nella mattinata odierna, i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Reggio Calabria e della Sezione di Polizia giudiziaria hanno eseguito  un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del consigliere regionale della Calabria Antonio Rappoccio (Pri), accusato di associazione per delinquere, truffa, peculato e corruzione elettorale aggravata.

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