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VIBO VALENTIA - Un gesto che, per la sua carica simbolica oltre che per le conseguenze, aveva suscitato l'indignazione della comunità di Sant'Onofrio. In una notte di novembre del 2011, mille piante di ulivo di proprietà della cooperativa Talita kum - che su un terreno confiscato al clan Bonavota aveva avviato da anni un progetto di produzione di olio biologico - furono barbaramente recise. L'episodio ebbe forte impatto sociale, tanto che il vescovo Luigi Renzo intervenne pubblicamente definendolo “un'offesa a Dio e agli uomini”. Ma ancor prima di un oltraggio, quel gesto costituiva reato. I carabinieri delle compagnie di Vibo Valentia e Tropea, dopo due anni di indagini, sono riusciti a risalire all'identità degli autori del grave atto intimidatorio e hanno preceduto, su provvedimento emesso dalla Dda di Catanzaro, al fermo di quattro persone. Tutte già note sia alle cronache che alle forze dell'ordine. Si tratta di Domenico Bonavota (35anni), Domenico Cugliari (55), Gregorio Giofrè (41) e Giuseppe Barbieri (41). Dovranno rispondere di estorsione e tentatata estorsione con l'aggravante delle modalità mafiose.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, gli autori del taglio degli ulivi avrebbero agito in seguito al rifiuto dei membri della cooperativa Talita Kum di consegnare l'olio prodotto sul terreno confiscato ai componenti del gruppo criminale egemone sul territorio di Sant'Onofrio.
Altri due fermi sono stati eseguiti oggi nei confronti di due soggetti ritenuti vicini alla cosca Mancuso di Limbadi, il 23enne Antonio Campisi e il 25enne Nicola Vittorio Drommi. Per loro l'accusa è di tentata estorsione ai danni di un imprenditore attivo nella lavorazione del ferro.
Carabinieri e polizia hanno proceduto a Serra San Bruno allo sgombero di un immobile che era stato confiscato al boss della 'ndrangheta Damiano Vallelunga, ucciso nel 2009. L'immobile era stato occupato dai familiari di Vallelunga, che avevano avviato azioni giudiziarie per tornare in possesso della struttura. Il prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, ha definito lo sgombero dell'immobile ''un importante risultato per l'affermazione della legalita'''. (ANSA)
Un ordigno di medio potenziale è stato fatto esplodere nella notte a Lamezia Terme davanti all'entrata di un centro di accoglienza per minori stranieri realizzata dalla comunità "Progetto Sud" di don Giacomo Panizza (foto). La comunità di don Panizza, dal 31 agosto scorso, ha la sua sede in un edificio confiscato alla cosca lametina dei Torcasio, in via dei Bizantini. L'esplosione di stanotte, secondo quanto si apprende, ha provocato danni lievi. Non si tratta, comunque, della prima intimidazione subita dalla comunità "Progetto sud".
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