mini pasquale_con_la_madre_maria_rosaRiceviamo e pubblichiamo:

Quanto è difficile aggiungere qualcosa quando si leva un grido di dolore come quello della madre di Pasquale Andreacchi. Quelle parole risuonano ancora, cariche di sofferenza, nelle strade di Serra San Bruno, nella piccola Chiesa dell’Assunta, tra gli alberi e le foglie ingiallite di quel bosco dove sono stati rinvenuti gli sventurati resti del giovane scomparso 3 anni fa.

Chiede giustizia, quella madre, ma chiede anche di non essere lasciata sola con quel vuoto immenso che solo la morte di un figlio può suscitare. Chiede che quello che è successo a lei non succeda ad un’altra madre. Che la gente di quei luoghi, della nostra terra, della nostra regione, scacci da sé la mala erba della malavita organizzata e scelga la legalità quotidianamente nei grandi come nei piccoli gesti.

E certamente uno di questi piccoli grandi gesti poteva essere il corteo in memoria del “gigante buono”, perché il rifiuto della tragedia di un singolo giovane poteva essere la rinascita di tutti, sotto il segno di un ritrovato senso civico.

Invece, un’altra occasione, l’ennesima, ci è sfuggita di mano, tra le occhiate furtive di chi, dietro le tende o le finestre, sembrava guardare a qualcosa di lontano, che quasi non lo toccava affatto. Ed invece questo lutto tocca tutti noi, perché è il lutto delle nostre coscienze, distratte e stanche. 

Distratta la politica, intenta a tessersi le lodi addosso; distratta la scuola, che si fa orpello dei grandi ideali e di progetti didattici che poi ingialliscono in un cassetto; distratta la Chiesa, che avrebbe dovuto esaltare l’umiltà e dignità di questa famiglia; distratta anche quella società civile di cui tanto si favoleggia.

Il pensiero corre alla famiglia, ad un padre ed una madre e ai loro figli, che hanno chiaramente elevato un grido di aiuto a chi dovrebbe stargli vicino, istituzioni e cittadini, che se non sono riusciti a confortarli nell’anima come avrebbero dovuto, almeno potrebbero alleviare le pene di una esistenza difficile contro cui ogni giorno gli Andreacchi combattono.

Dove sono allora, quei servizi sociali che dovrebbero fare da rete, proteggere chi è in difficoltà. Un tema che ci eravamo permessi di sollevare con l’amministrazione comunale qualche tempo fa e che avevamo chiesto di potenziare, adibendovi anche, se necessario i lavoratori socialmente utili che prestano servizio in quell’ente e che, non per forza debbono fare i netturbini. Ma quell’idea è stata accantonata con la superficialità tipica di chi non ha cultura e nemmeno cuore preferendo rispondere ad altri, meno nobili,  richiami. Oggi, il senso di abbandono denunciato da questa famiglia suona come la condanna di quella scelta miope dell’amministrazione comunale, che noi avevamo considerata cinica e che oggi ci fa orrore.

Come pure occorre dare agli Andreacchi un degno alloggio poiché quello in cui sono costretti a vivere, ridotto quasi ad una stamberga, non riuscirà a proteggerli dalle intemperie e dal clima rigido dell’inverno serrese che velocemente si avvicina. Anche qui, i ritardi un’amministrazione comunale ed un Aterp che, mentre una decina di famiglie serresi vive in semibaracche, non intervengono con la dovuta solerzia per riadattare gli alloggi disponibili ed assegnarli subito ai primi in graduatoria. Attività, queste, che dovrebbero provocare gioia in chi risolve i problemi degli ultimi ed invece si fanno trascorrere anni relegando i cittadini in condizioni subumane. Ma nel frattempo in questo quadro di desolazione, si continua a premiare l’attività di burocrati che hanno solo inanellato ritardi e miopie programmatorie ed infatti sono pronti per essere  erogati dall’Aterp centinaia di migliaia di euro a titolo di liquidazioni ad un ex Commissario dell’Ente, sottraendo risorse su risorse agli interventi che invece potrebbero essere resi agli alloggi. Come sempre pochi si arricchiscono a dismisura ed il popolo ignaro soffre. La Procura della  Repubblica e la Corte dei Conti dovranno fare luce su questo, che ci ripromettiamo di segnalare dettagliatamente.  I costi della politica ,che in questa provincia misera ammontano a circa 2 milioni di euro all’anno, sono anche questo, premi a chi vive sotto l’ombrello protettivo dei padroni dei partiti e sottrazione di servizi ai cittadini.

Una madre ha gridato il suo orrore davanti alla solitudine di una famiglia che può stringersi soltanto intorno ad una assenza incolmabile. Quanto ancora le nostre orecchie ed il nostro cuore rimarranno così sordi? Quanto tempo ci vorrà perché i cittadini aprano gli occhi e si ribellino?

Luciano Prestia

(segretario provinciale Uil)

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