mini Sede_della_ProvinciaOn the news di sabato 20 settembre, sulle frequenze di Radio Serra 98, a partire dalle ore 10.00, è speciale: "Elezioni provinciali 2014". Imminenti, ormai, le consultazioni per la scelta del presidente della Provincia che, per la prima volta, non vedranno i cittadini alle urne. Tra le candidature alla carica di consigliere anche nomi di amministratori finiti nel mirino delle autoritá giudiziarie. Tre liste in competizione che si contendono l'amministrazione di un ente in evidente dissesto. Quali le idee, i progetti dei prossimi amministratori di una provincia che ormai da tempo vive ai margini? In studio il sindaco di Fabrizia, Antonio Minniti, il sindaco di Vazzano, Domenico Villì e il sindaco di Nardodipace, Romano Loielo.

 

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Parlamentari-e-Consiglieri-RegionaliPoco importa se abitano in partiti diversi, se nei dibattiti se le danno di santa ragione e se quando si incontrano nelle stanze dei bottoni non si guardano neanche negli occhi. Questa volta per molti di loro la questione è vitale: bisogna fare quadrato altrimenti la provincia di Vibo sarà soppressa. A suonare la carica è Francesco De Nisi, ormai ex presidente, che conferma la sua adesione alla manifestazione “pro-Vibo” di sabato 17: “E' un provvedimento che si ritorcerà contro i cittadini. Scenderò in piazza per protestare contro la soppressione dell’ente”.

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SERRA SAN BRUNO - La tradizionale fiera di Ferragosto ha richiamato l'attenzione dei tanti turisti che, nei mesi estivi, popolano la cittadina della Certosa. Il tutto, fino alla scorsa estate, si sviluppava lungo via San Brunone di Colonia. L'amministrazione comunale guidata dal sindaco Bruno Rosi, però, ha deciso di attuare una vera e propria innovazione rispetto al passato: le bancarelle, infatti, sono state spostate principalmente su viale della Pace e sul lungofiume. Spostamento che, ovviamente, non poteva non provocare la reazione immediata dei commercianti ambulanti. Ad intervenire sulla questione è Claudio Rullo, rappresentante provinciale Cicas (Confederazione degli imprenditori, dei commercianti, degli artigiani, del turismo e dei servizi).

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mini sentiero_frassati_fangoRiceviamo e pubblichiamo: 

Che fine ha fatto l’impegno per rilanciare il “turismo religioso” di cui gli attuali amministratori parlavano, un anno fa, in campagna elettorale? Che fine hanno fatto quei “professionisti” che, dai palchi del Pdl, si erano proposti per valorizzare l’immagine di Serra? Interrogativi che emergono prepotentemente constatando lo stato di abbandono e degrado in cui versa l’intera cittadina. Un contesto generale cui non sfuggono, neppure, i luoghi simbolo, quelli che dovrebbero rappresentare il principale volano turistico per l’intero territorio. Il centro storico, la Certosa, Santa Maria ed il sentiero “Frassati”, sono, ormai, diventati l’emblema del fallimento di quella che potremmo definire l’amministrazione del salvagente, ovvero un’amministrazione sballottata dalle onde che la trascineranno al fondo appena aumenteranno d’intensità. Ad ulteriore riprova di una situazione insostenibile, quanto riportato, nei giorni scorsi, in un articolo apparso su un quotidiano locale, in cui si parlava di una comitiva di malcapitati turisti inglesi rimasta “intrappolata” nel fango del sentiero “Frassati”.  Un episodio frutto dell’ignavia di un’amministrazione comunale, che nella migliore delle ipotesi, è destinata a passare alla storia solo per le false promesse pronunciate in campagna elettorale. Quando nella scorsa estate denunciammo lo stato di abbandono in cui versava il sentiero “Frassati” qualcuno replicò piccato, affermando che la nuova amministrazione comunale non possedeva la bacchetta magica per risolvere in pochi mesi i problemi ricevuti in eredità. A distanza di un anno, però, appare evidente che ciò che manca al Sindaco ed ai suoi assessori non è solo la bacchetta magica. Le località con un minimo di vocazione turistica, usano programmare e modulare gli interventi al fine di poter presentare il volto migliore già in occasione delle festività pasquali, quando iniziano a manifestarsi i primi flussi turistici della stagione. Al contrario, a Serra regna l’immobilismo. Passate le festività pasquali, nulla è stato fatto, neppure, in vista del periodo dedicato alle gite scolastiche. Eppure, l’incomparabile bellezza che Serra ha la fortuna di possedere non richiede attività particolarmente accurate o impegnative. Basterebbe rendere accogliente ciò che già c’é, magari tagliando l’erba, raccogliendo le cartacce, spazzando le strade, curando il verde e svolgendo la semplice manutenzione ordinaria. Operazioni assai semplici che, l’amministrazione che non c’è non riesce a compiere. Un fatto evidente per quanti, quotidianamente, per diletto, per turismo o semplicemente per praticare attività sportiva percorrono il sentiero Frassati nel tratto compreso tra la Certosa e Santa Maria. E’ sufficiente muovere pochi passi per verificare il disdicevole stato in cui versa l’intera area. Si comincia con l’abbandono della zona a ridosso delle mura certosine. Si prosegue, poi, con le zone  in cui il fango rende completamente impercorribile il sentiero. Una situazione incresciosa che diventa addirittura pericolosa quando si cerca di attraversare i ponti in legno posti lungo il percorso. A causa dell’incuria e della totale assenza di manutenzione in più punti mancano, infatti, le assi di copertura con il rischio che qualche malcapitato rischia di finirci dentro con prevedibile pregiudizio per l’incolumità personale. Un pericolo evidente per tutti, tranne per quanti, anziché camminare con i piedi ben piantati in terra, preferiscono procedere sospesi nel vuoto in cui stanno conducendo Serra.

Mirko Tassone (consigliere comunale "Al lavoro per il cambiamento")

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Lunedì, 16 Gennaio 2012 15:40

"La miseria di Cutro" (Ugo La Malfa, 1958)

mini la_malfa_e_moroMi piace riproporre un articolo di Ugo La Malfa (foto, insieme ad Aldo Moro), datato 20 marzo 1958 scritto per “La voce repubblicana” e titolato “La miseria di Cutro”, che custodisco gelosamente tra le mie cose ormai da anni. Si tratta di antichità, si tratta di povertà da terzo mondo trasformata decisamente in benessere, e non grazie alle lotte armate, ma alle rimesse e ai sacrifici degli emigrati, del tempo, in Germania e a Reggio Emilia, anche con la conseguenza dell’abusivismo edilizio, “abusivismo di necessità” cosiddetto e giustamente.

Mimmo Stirparo

“Ha scritto Alfredo Todisco su La Stampa di giorni fa, a illustrazione di una sua inchiesta in Calabria, e dopo aver elogiato la riforma agraria, la bonifica, l’intervento della Cassa del Mezzogiorno, le seguenti impressionanti parole: “Un miglioramento, senza dubbio, vi è stato. La visione di Cutro, tuttavia, è ancora terribile. A Napoli la miseria, anche la più tetra, è sempre di uomini che conservano la scintilla dell’anima. Qui la miseria ha uno sfondo che ha perduto molto dell’umano. Senza canti, senza tradizioni artigiane, senza costumi particolari. Cutro è un paese abitato da un popolo di bambini scalzi e di cani randagi. Gli adulti sono sui campi, oppure aspettano un lavoro lungo la strada principale, seduti a terra, gli sguardi stupefatti. I cani di Cutro hanno lunghe orecchie penzolanti, sono tutti diversi gli uni dagli altri, offrono una varietà infinita di musi contraffatti e spiritati. A Cutro, forse il comune più depresso d’Italia, la natalità raggiunge uno dei tassi più elevati, il cinquanta per mille. Gli interni (delle case) sono ancora più tetri delle vie, se possibile. Pavimenti di terra battuta, cosparsi di foglie e di verdura. Il fuoco spesso si accende in un angolo dell’unica stanza, il fumo incrosta il muro di nero, esce dal tetto sconnesso. Nessuna meraviglia che in queste condizioni il tracoma e la tubercolosi infieriscano tra la popolazione del comune. Spingendo ancora più nell’interno del marchesato di Crotone, si traversano paesi che oltre a non avere acqua, luce, fognature, mancano persino del cimitero.”

Ho citato queste parole per dimostrare come, a quasi dieci anni di distanza dalla riforma agraria, dall’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, da una politica di interventi statali, la situazione di molte zone d’Italia sia rimasta in uno stadio di miseria quasi inconcepibile. E non si tratta della sola Calabria o del solo Mezzogiorno. Si visitino molti Comuni montani dell’Umbria, delle Marche, della stessa Emilia, del Piemonte: il quadro non è differente. Vi è in corso una vasta e clamorosa polemica fra statalisti e antistatalisti. L’on. Malagodi, il senatore Sturzo, il ministro Pella, vantano i meriti della libertà economica e si proclamano fieri assertori dell’antistatalismo. Altri difendono lo statalismo o, almeno, si fanno propugnatori dell’intervento statale. Ma come è avvenuto che essendovi state, nel nostro Paese, fasi di libertà economica, a cui sono succedute cosiddette fasi di statalismo, essendo o non essendo esistiti l’IRI e l’ENI, essendovi stati al governo uomini della destra o della sinistra, democratici o totalitari, la sorte di Cutro sia rimasta la stessa? Che cosa ha fatto sì che la civiltà più elementare non abbia sfiorato Cutro, o altri Comuni che si trovano nella stessa tragica condizione di Cutro? Come è possibile che, nell’anno di grazia 1958, giornalisti come Todisco, facciano nel nostro Paese, che noi presumiamo essere di alta civiltà, constatazioni e rilievi che si possono tutt’alpiù riferire a miserrimi villaggi dell’Egitto, della Turchia o dell’India? Quale mai razza di collettività e di società è la nostra, che può mostrare, contemporaneamente, i grattacieli e le costose costruzioni edilizie di Milano e le miserie di Cutro? Come si può pretendere di far parte dell’Europa, della cosiddetta civiltà occidentale, e avere casi come quelli di Cutro, facendone oggetto di commossi e attoniti reportages giornalistici soltanto? Siamo alla vigilia di una battaglia elettorale. Possiamo forse sperare che la sorte di Cutro migliorerà nei prossimi cinque anni? L’on. Malagodi, il senatore Sturzo, il ministro Pella promettono di smantellare l’IRI o l’ENI, di fare tabula rasa dello statalismo, ma forse ci danno una soluzione qualunque del problema della miseria italiana? Lo statalismo imperversa e non si accorge di Cutro, ma se ne è accorta forse l’iniziativa privata in tutti questi anni? Lo Stato sperpera denaro in inutili cose, ma i grattacieli di Milano, ma i lussuosi cinematografi oggi in crisi, innegabili frutti dell’iniziativa privata, sono proprio utili in un Paese che mostra agli stranieri attenti e consapevoli, una desolazione e una miseria ancora tanto assurdamente diffuse? In verità, dopo i primi interventi del 1950, dopo gli entusiasmi e le polemiche intorno alla riforma agraria e alla Cassa del Mezzogiorno, la democrazia si è seduta. La fiamma si è spenta e il regime di oggi continua  l’andazzo di ieri, le tradizioni del fascismo o dello Stato liberale. Si continueranno a gettare centinaia di miliardi dell’iniziativa privata o dell’iniziativa pubblica in investimenti voluttuari o del tutto superflui o non commisurati alle necessità elementari del Paese. Ma all’orizzonte di Cutro non apparirà nulla di nuovo, come dieci anni, come cinquant’anni, come un secolo fa. E’ evidente che la nostra non è una civiltà degna di questo nome, se per civiltà s’intende una condizione di vita dignitosa ed omogenea. E’ evidente che senza un grande sforzo di disciplina, di austerità, di solidarietà, l’Italia non sarà mai un Paese occidentale e moderno. E’ evidente che solo lo Stato, affiancato dalle regioni, dai comuni, dall’iniziativa pubblica e privata, può portare a compimento un grandioso processo di redenzione di tutta la società nazionale. Ma vi è forse una qualsiasi indicazione politica che questo possa essere fatto nei prossimi anni? Vi è un impegno, una battaglia, un programma che dia qualche speranza? Dieci anni fa la democrazia aveva più sensibilità ai problemi della condizione storica e sociale del nostro Paese di quanta non ne abbia oggi. E’ questa la causa vera del generale malessere e di indubbia decadenza. Troveremo l’energia morale e le forze politiche necessarie ad un compito che sistematicamente una certa Italia ufficiale, sia di destra o di sinistra, statalista o antistatalista, democratica o totalitaria, trascura, occupandosi di ben più solidi interessi e di meno crude realtà? E quando governo e parlamento a Roma, ma alcuni liberi iniziativisti a Milano o a Torino, si accorgeranno che Cutro è in Italia e non nel centro dell’Africa”.

Ugo La Malfa

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