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Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
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On the news di sabato 7 giugno, dalle ore 10, sulle frequenze di Radio Serra 98, è speciale "Europee 2014". Ospiti in studio: Paolo Reitano (PD), Walter Lagrotteria (UDC), Romano Loielo (FdI), Bruno Rosi (NCD), Michele Ciconte - Carmine Franzè (FI) e Dominik Gallè (M5S). Quali saranno le linee guida che i neo eletti europarlamentari presenteranno all' Europa? E ancora, un fenomeno tutto italiano: dopo le elezioni, tutti hanno vinto? Infine, le Europee a Serra San Bruno, analisi e commenti.
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SERRA SAN BRUNO – Non hanno più in mano le valige di cartone che, molto spesso, abbiamo visto nelle “foto vintage” di emigrati senza tempo e senza età. No. Ma le scintille di sofferenza e povertà che si leggono negli occhi dei migranti dal sud, sono sempre le stesse. E anche se oggi si emigra col trolley, la partenza viene vissuta, senza eccezione, come una sorta di “violenza”. Tant’è, che allo sguardo meticoloso di chi parte, anche gli alberi sembrano piegarsi su se stessi - quasi un inchino - per dare un addio.
Riceviamo e pubblichiamo:
L’interminabile sequela di furti che, da qualche tempo, sta funestando la nostra cittadina (quasi dieci solo nell’ultimo mese) ha ormai diffuso un profondo stato d’insicurezza nell’intera popolazione. Il fenomeno, la cui virulenza, non ha precedenti nella storia della nostra comunità, al di là della meritoria attività espletata dalle forze dell’ordine non può lasciare indifferente chi, come il Comune, rappresenta l’istituzione più prossima al cittadino. Proprio per la sua vicinanza, il comune deve dare, nel proprio ambito, tempestiva risposta alle attese di sicurezza provenienti dalla cittadinanza. Partendo dall’idea che, anche, nel settore dell’ordine pubblico e della sicurezza in genere, l’amministrazione comunale debba far sentire la svolgere la propria imprescindibile funzione, nella mattinata odierna ho presentato l’allegata interrogazione. Nello specifico, da una parte chiesto, di conoscere quali azioni siano state attivate i siano in corso di attivazione per contrastare il fenomeno, dall’altro ho formulato delle richieste che, nel contempo, rappresentano anche delle proposte, evidenziando: l’opportunità di istituire un assessorato alla sicurezza; di procedere ad una più adeguata illuminazione delle area del centro storico in cui il servizio di pubblica illuminazione presenta carenze; di stipulare una polizza assicurativa a carico del Comune per indennizzare le vittime dei furti; di chiedere al Prefetto la convocazione di un Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico.
Al sig. Presidente del Consiglio del comune di Serra San Bruno
Al sig. Sindaco del Comune di Serra San Bruno
Serra San Bruno, 21 Marzo 2012
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
OGGETTO: Furti in abitazione–ordine pubblico
Il sottoscritto consigliere
Premesso che
Considerato che
Interroga il Sindaco per conoscere
Il Consigliere Comunale Mirko Tassone
“La giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, in programma per mercoledì nella cittadina della Certosa, rappresenta un appuntamento importante, per continuare a celebrare il ricordo di uomini e donne che non hanno abbassato la testa, che non hanno voluto girarsi dall’altra parte. Rappresenta, soprattutto, l’occasione per perpetuare la memoria di quanti hanno deposto la longanesiana bandiera del “tengo famiglia”, per combattere, anche, per chi quella bandiera ha voluto tenerla ben stretta. Tuttavia, le manifestazioni come quella di mercoledì, non possono essere appannaggio di quelli che Sciascia definiva i “professionisti dell’antimafia”. Per tale motivo, è necessario avviare una serie di constatazioni e di considerazioni destinate ad andare al di là di una riflessione di carattere ordinario. La virulenza e l’ampiezza dell’attacco, sferrato dalla criminalità, non di rado, ha indotto gli esponenti politici ad aprire tavoli di confronto, a svolgere consigli comunali aperti, ad organizzare manifestazioni e fiaccolate. Il tutto, nell’ottica di sensibilizzare un’opinione pubblica, spesso, restia a spendersi in prima persona. Non v’è dubbio, che tali iniziative possano svolgere un’importante funzione pedagogica. Tuttavia, per contrastare un fenomeno è necessario comprenderlo in tutte le sue sfumature ed accezioni. Prima di procedere ad un’accurata disanima del fenomeno sarebbe, quindi, opportuno individuare la tipologia umana che lo anima e lo produce. In altri termini, sarebbe necessario porre un interrogativo: “chi è il mafioso?”. Nell’oleografia popolare, il malavitoso può assumere le vesti del bandito o del brigante che, quasi con fare romantico, armato di coppola e doppietta, assiepato dietro qualche albero di alto fusto, lava col sangue le sue vendette. Un tale stereotipo, però, per quanto suggestivo non aiuta a tratteggiare correttamente i contorni di un fenomeno, le cui manifestazioni assumono un carattere tutt’altro che individuale. Ricorrendo all’ausilio di un noto dizionario della lingua italiana, potremmo “scoprire” che, dietro al temine mafioso si cela in realtà: “il componente di un’associazione segreta di persone che si dà aiuto reciproco e che per il proprio interesse é pronto a disprezzare ed a calpestare la legge e la morale”. A questo punto, i contorni, per quanto meglio definiti, possono indurre in errore, poiché, se il mafioso è un individuo che mette in atto azioni illegali per raggiungere il proprio fine, non si può non rilevare come tali atteggiamenti, spesso, permeino settori che dovrebbero esserne del tutto immuni, a partire dal mondo politico. Quante volte, infatti, la classe politica, in questa nostra regione, approfittando della posizione e della funzione che occupa, disprezza e calpesta quella legge e quella morale che dovrebbe essere alla base del vivere civile? Se quindi, per mafioso, intendiamo, non solo gli atti che presuppongono violenza fisica, ma anche quelli caratterizzati dalla sopraffazione, dalla discriminazione, dal sopruso, il quadro diviene molto più complesso ed affollato. Se è vero come è vero, che, incendiare un automobile, devastare un pubblico esercizio, esplodere colpi d’arma da fuoco contro chiunque può essere considerato l’inequivocabile indizio di un comportamento mafioso, è altrettanto vero che, più subdoli e non meno criminali mezzi di pressione possono essere esercitati in maniera differente. Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto prevaricatore, stravolgere una graduatoria, falsare un concorso, indirizzare un appalto, ai danni della stragrande maggioranza dei cittadini? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto immorale, distribuire incarichi, prebende e regalie ai danni della collettività? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto vessatorio, esercitare pressioni e ricatti per estorcere consensi durante le competizioni elettorali? Non è forse un atteggiamento “mafioso”, in quanto illegale, chiedere voti in cambio di false promesse o favori personali che poi è la comunità a dover pagare? Purtroppo, si potrebbe continuare a iosa, visto che ciò che manca non sono gli esempi negativi, bensì le pubbliche virtù. Tali “vizi” o, forse come li avrebbe definiti un frenologo, tare antropologiche coincidono con una forma mentis che non può, purtroppo, mutare con una fiaccolata o con un convegno più o meno pomposo. Quale allora la strategia, la strada da intraprendere e seguire per debellare quello che, altrimenti, rischia di configurarsi come un fenomeno sociale? Partendo dalla banale considerazione che in tali campi non vi sono ricette miracolose o salvifiche si potrebbe, ad esempio, cercare di sensibilizzare o educare l’opinione pubblica con l’esempio. La classe politica, quale espressione della parte più elevata della società, dovrebbe avere il compito e la funzione di restituire dignità anziché toglierla, dovrebbe tutelare i diritti anziché calpestarli, dovrebbe svolgere le mansioni istituzionali in nome e per conto dell’intera comunità e non in funzione degli interessi del “clan” di riferimento. Certo, educare con l’esempio è difficile, poiché comporta sacrifici e scelte coraggiose, ma soprattutto, in molti casi, non aiuta a far comprendere la reale dimensione del potere che, come amava ripetere Talleyrand, “si misura con l’abuso che se ne fa”.
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