Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
SORIANO CALABRO - Volti squarciati dal dolore. Quello di un padre e di una madre, che non rivedranno mai più il proprio figlio. Quello di due sorelle, che non avranno più un fratello con il quale condividere i momenti più belli. Ma soprattutto quello di un'intera comunità che, per un errore, uno sbaglio, una tragica fatalità, da due anni ha perso un figlio. Si, perchè Filippo era un po' così con tutti. Un ragazzo tranquillo, che non ha mai avuto problemi con la giustizia. Lavorava sodo, andando in giro con il padre Martino nei mercati della zona. Un adolescente come tanti altri, che aveva ancora una vita davanti a sé. In casa Ceravolo, però, è come se l'orologio si fosse fermato a quella maledetta sera del 25 ottobre 2012. Filippo, infatti, aveva deciso di recarsi a Pizzoni per trovare la fidanzata. A separare i due paesini poche, decine di chilometri. Arrivata una certa ora, il 18enne ha pensato fosse il momento di rincasare e, nel fare ritorno a Soriano, evidentemente Filippo non si sarebbe mai aspettato di rimanere vittima in un agguato di mafia. La sua colpa, quella di chiedere un passaggio a Domenico Tassone. Quella sera, infatti, a morire doveva essere proprio Tassone ma chi ha sparato non avrebbe mai immaginato che in quella macchina ci fosse anche Filippo.
A due anni di distanza dalla scomparsa, il movimento Ammazzateci Tutti, in collaborazione con l'associazione ConDivisa e la Consulta sicurezza dei sindacati autonomi delle forze dell'ordine, hanno organizzato una giornata in sua memoria. Dopo la Santa Messa celebrata da don Pino De Masi i presenti hanno tenuto una fiaccolata che ha percorso le vie del paese per poi arrivare in piazza dove ci sono stati tutta una serie di interventi. All'iniziativa c'erano numerose autorità civili e militari, rappresentanti delle forze politiche, il testimone di giustizia Rocco Mangiardi ed i familiari di Pasquale Andreacchi, giovane come Filippo ucciso brutalmente nel 2009.
SORIANO CALABRO – Due anni di attese, di speranze, di buoni propositi. Martino Ceravolo sa cosa significa perdere un figlio. Soprattutto se chi, come Filippo, non ha mai avuto problemi con la giustizia. Mai una denuncia, mai un processo. Eppure, ci sono dei casi nei quali la vita, spesso, riserva degli incidenti di percorso. Piccoli o grandi che siano. E la perdita di un figlio, specie se innocente, non può mai passare inosservata. In silenzio, come se nulla fosse accaduto. Da circa due anni Martino Ceravolo conduce una battaglia contro la burocrazia nella giustizia italiana. Ad oggi il volto dell'assassino di Filippo Ceravolo non ha un nome. Colpa della giustizia, o meglio della malagiustizia che, nel nostro Paese, ha spesso ucciso vittime innocenti.
Intanto sono trascorsi quasi due anni dall'omicidio di Filippo, avvenuto la sera del 25 ottobre 2012, quando il giovane si trovava in auto in compagnia di Domenico Tassone, sulla strada che collega Soriano a Pizzoni. Filippo, quindi, aveva deciso di recarsi appunto a Pizzoni per trovare la ragazza ma, al ritorno, ha chiesto un passaggio alla persona sbagliata. Il vero obiettivo dell'agguato era, appunto, Tassone ma il destino ha voluto che a cadere sotto i colpi dei sicari fosse proprio Filippo Ceravolo.
Nonostante il tempo trascorso, Martino Ceravolo non ha ancora avuto giustizia e, per cercare di smuovere quantomeno le coscienze, nella mattinata odierna si è incatenato davanti alla prefettura d Vibo Valentia, portando con sé anche una tanica di benzina. Vista la situazione, il capo dell'Utg Giovanni Bruno ha deciso di ricevere Martino per capire un po' la situazione: «Il prefetto – ha detto il papà di Filippo – si è dimostrato sensibile verso l'argomento. Ha detto che farà il possibile affnché si possa arrivare presto a una solzuione e seguirà passo dopo passo l'evolversi della vicenda. Così come mi ha assicurato che farà il possibile affinché Filippo sia riconosciuto vittima di mafia e di questo lo ringrazio. Se, però – ha aggiunto Martino – non ci saranno risposte certe in tempi brevi allora sarò disposto anche a sacrificare la mia vita: mi cospargerò di benzina e mi darò fuoco».
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SORIANO CALABRO – “San Francesco ha insegnato a pregare con i nostri fratelli ladroni”. Dev’essere quello che ha pensato un uomo di 53 anni che si è introdotto furtivamente nel convento dedicato a San Domenico approfittando del buio serale per mettere a segno un colpo ai danni dei frati domenicani, che però ha prodotto un magro bottino e che si è concluso con il suo arresto. E’ stato, infatti, tratto in arresto in flagranza di reato, con l’accusa di furto aggravato in abitazione, F. P. classe 1961, di Cosenza ma domiciliato a Squillace, già noto alle forze dell’ordine. Erano passate da poco le 18,00 di giovedì sera quando i militari dell’Arma della locale Stazione, appartenenti alla Compagnia dei Carabinieri di Serra San Bruno al comando del Capitano Stefano Esposito Vangone, nel corso di un normale servizio di controllo del territorio finalizzato alla prevenzione dei reati, sono intervenuti presso il locale Convento di San Domenico dei Frati Domenicani, sorprendendo e arrestando in flagranza di reato il 53enne con l’accusa di furto aggravato. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai carabinieri, F. P. dando presumibilmente per scontato che l’orario fosse propizio per un furto senza impedimenti, si sarebbe introdotto nelle stanze private dei monaci a cui avrebbe sottratto una somma contante di 145,00 euro. Successivamente, i carabinieri, dopo aver tratto in arresto il 53enne hanno provveduto informate l’Autorità Giudiziaria competente che ha disposto la traduzione dell’uomo presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari.
Una partita amatoriale fra vecchi amici, stile super sfida scapoli - ammogliati, è balzata presto agli onori della cronaca nazionale. In quel di Soverato, sono tornati a calcare il parquet di un campo da basket, alcuni appassionati ex-cestisti calabresi. Un richiamo forte a cui è risultato difficile resistere perfino al governatore Peppe Scopelliti - discreto pivot nelle giovanili della società sportiva CAP Reggio Calabria negli anni ’70 - che ha però esibito in campo pochi canestri e troppi chili di troppo. Ma il vero scoop è che affianco a Scopelliti, nella cinquina titolare, risultava un altro veterano
Quando i nostri nipoti studieranno Storia, sui loro libri di testo, subito dopo le guerre mondiali, il fascismo, la Resistenza ed il Sessantotto, troveranno le pagine della seconda repubblica. E scopriranno che nel Parlamento italiano, anche nel 2013, è esistito un tale Domenico (per gli amici Mimmo) Scilipoti, “uomo di rottura” con una spiccata tendenza al trasformismo, maturata negli anni, per una triste questione di poltrone e vitalizi. Tralasciando il parlare sconquassato ed i congiuntivi devastati, i toni pessimi e rivoltanti o l'antipatia che, indipendentemente dalla posizione politica (non ci azzardiamo a parlare di ideologia), suscita un siffatto personaggio retorico e vuoto, intriso di un ultranazionalismo pecoreccio, massone e xenofobo, il punto è: come ha fatto Scilipoti a risultare candidato in Calabria? Un semi-sconosciuto agopuntore di Barcellona Pozzo di Gotto?
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