Sabato, 17 Aprile 2021 14:34

L'orgoglio di Serra per "Peppe" Averta. Il Comune istituisca un premio per le eccellenze del territorio

Scritto da Salvatore Albanese
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Non lo conosco di persona e questo è strano per chi è nato e cresciuto, più o meno durante lo stesso arco generazionale, in un paese di 6mila anime. Non lo conosco di persona, ma chi lo conosce racconta di un ragazzo brillante ma quieto, mai oltre le righe, timido ma creativo, geniale. Un sognatore discreto. Giuseppe Averta a 28 anni ha affascinato l’Europa con le sue ricerche, le sue idee, la sua tesi di dottorato in robotica giudicata la migliore del vecchio continente dalla commissione del prestigioso “Georges Giralt Phd Awards”. Io Giuseppe non lo conosco, non ci ho mai parlato in vita mia, neanche una volta, ma quando ho letto di lui e del riconoscimento che gli è stato attribuito, mi sono sentito fortemente fiero e orgoglioso come penso qualsiasi altro mio concittadino. Oggi il Corriere della Sera ce lo racconta a tutta pagina. Lo introduce semplicemente come “Peppe”, giovane ricercatore originario di Serra San Bruno, cresciuto da bambino con il cacciavite in mano con cui smontava e rimontava tutto quello che gli capitasse a tiro e sbarcato all’Università di Pisa dopo un diploma conquistato a pieni voti allo Scientifico di Serra San Bruno. E proprio partendo da qui che, grazie ai propri sacrifici e al sudore della fronte dei genitori Luigi e Carmela, commercianti con attività nel cuore del centro storico serrese, adesso Giuseppe si è guadagnato tutta la ribalta che merita. Dottore in robotica e automazione, ricercatore del Centro Enrico Piaggio di Pisa. Per l’associazione che unisce industrie e centri di ricerca europei, la sua tesi è la migliore del 2021. Il Corriere ne racconta il percorso, l’attaccamento alla famiglia, al territorio, agli amici dell’adolescenza, ma allo stesso tempo la crescita professionale che lo porta a scegliere Pisa per il prosieguo degli studi, «città ideale per un paesano come me – spiega Giuseppe –, né troppo grande, né troppo piccola e con un ateneo ottimo per la robotica». Sotto la torre pendente Giuseppe ha studiato, si è laureato e si è innamorato. Oggi sposato con Manuela, anche lei calabrese, ha conquistato il premio per la migliore tesi europea di dottorato e robotica per l’innovatività del suo metodo, basato su un approccio valutato semplice e pragmatico, distante dai progetti altisonanti che appena usciti dal laboratorio, al concreto giudizio dei fatti, si rivelano fallimentari.

Giuseppe studia, ricerca e lavora ogni giorno per migliorare la vita di tante persone, progettando automi capaci di replicare le funzioni umane. L’obiettivo in divenire – si legge ancora sul Corriere di oggi – sarà quello di «creare sistemi capaci di far tornare a camminare persone colpite da ictus o paralizzate a causa di incidenti e malattie». «Un cammino difficile, ma ci arriveremo» conclude “Peppe” con una semplicità che spiazza. Raccontare i primi passi di una rivoluzione bella e complessa in maniera così semplice, con questa naturalezza, è fantastico. Io scommetto che ci riuscirà e tutti noi dovremmo già essergli grati, perché un talento del genere non nasce ovunque e non nasce ogni giorno. Non resta che farglielo sapere. A lui così come a tutti quei serresi che contribuiscono a far grande il nome di Serra San Bruno. Allora questi talenti bisognerebbe che li premiassimo anche noi nel nostro piccolo, certo, se raffrontato al riconoscimento ancora fresco della “Georges Giralt Phd Awards”. Bisognerebbe ringraziarli, omaggiarli, perché più di ogni altra cosa contribuiscono a farci conoscere nel mondo per cose belle che meritano di essere urlate.

La proposta che il Vizzarro lancia pubblicamente all’amministrazione comunale e al primo cittadino Alfredo Barillari (che ha già fatto sapere di voler conferire la cittadinanza onoraria ad Averta) è l’istituzione di un riconoscimento ai migliori talenti del nostro territorio, a quei figli di Serra San Bruno che tracciano storie e percorsi di vita positivi, puliti, colti, che si fanno valere nel mondo. Agli studiosi, ai ricercatori, ai professionisti serresi che in qualsiasi campo – nella ricerca scientifica, nell’università, nel cinema, nell’arte, nella letteratura, nello sport, nella cultura, nell’imprenditoria, nell’economia, eccetera, eccetera – abbiano raggiunto livelli di straordinaria eccellenza mantenendo un vincolo affettivo, una vicinanza emotiva con il proprio territorio, con le proprie radici. Questo servirebbe a dire grazie a persone come Giuseppe Averta, ma anche a motivare i nostri giovani. Il riconoscimento dovrà essere conferito durante un’iniziativa pubblica in cui mettere a sedere in prima fila i ragazzi delle scuole, dandogli la possibilità di dialogare e dibattere con la persona premiata. Servirebbe a sollecitarli a dare sempre di più. A spiegargli che si può realizzare un sogno, che si può contribuire a rendere il pianeta terra un posto migliore iniziando da noi, iniziando da qui. Perché il riconoscimento dell’eccellenza, il raccontarla, serve anche e soprattutto a motivare altri adolescenti serresi – come lo è stato Giuseppe  a credere in se stessi.

Deve essere un premio raro, attribuito non a scadenza fissa. Non ogni anno, né ogni due, ma solo quando ci sarà realmente il motivo di farlo. Quando ci si troverà di fronte una persona che realmente lo meriti. Un premio che guardi oltre, che sia destinato quindi alle eccellenze serresi, residenti o originarie, che si sono e si stanno contraddistinguendo nel proprio ambito. Un premio che non sia un malinconico ritorno al bel tempo andato, per non rischiare di ritrovarsi a dare fiato ai soliti vecchi tromboni. Un premio che permetta di guardare avanti, così come ci viene di fare quando leggiamo di Giuseppe Averta.

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