Sabato, 28 Maggio 2022 12:01

«L’Ancinale inquinato dalla fabbrica». Una lotta ambientalista di 100 anni fa

Scritto da Sergio Pelaia
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La petizione datata 1908 La petizione datata 1908

Questa storia risale a oltre cento anni fa ma è attualissima. Fa riflettere su quanto sia inutile la retorica nostalgica di un passato mai esistito di cui, sempre più spesso, si abusa per alimentare narrazioni pseudoidentitarie. E dice pure quali siano i risultati dei tentativi di sviluppare un’economia industriale in luoghi come Serra San Bruno. Che, per caratteristiche naturali e storiche, avrebbero forse potuto seguire altre strade. Come per le altre “stuori” raccolte in questa rubrica, com’è noto resa possibile dal recupero e dallo studio dei documenti custoditi nell’archivio comunale, sarebbe però superfluo attardarsi in considerazioni che rimandano alle legittime opinioni di ognuno. Perché la storia è storia e a farla sono gli eventi. 

Acqua puzzolente e di tutti i colori

Veniamo dunque ai fatti. Dalle scartoffie impolverate dei primi anni del secolo scorso è saltata fuori una petizione datata 4 settembre 1908. Si tratta di una raccolta firme sottoscritta da oltre 300 cittadini e indirizzata al «regio commissario» Edoardo Tomaiuoli che, per qualche tempo, sostituì il sindaco. I serresi gli segnalano «un gravissimo inconveniente: l'acqua dell'Ancinale che attraversa il paese scorre ordinariamente bruna, molto carica, ogni tanto rossa, bleu, verde gialla ecc; manda un puzzo disgustosissimo in tutte le ore del giorno, che diventa insopportabile verso sera, quando scorre coperta di una densa schiuma bianca che rassomiglia a un piano di neve; e giusto quando, dopo il lavoro giornaliero, i cittadini cercherebbero passeggiando sul corso un po' di svago, e di respirare un boccone di aria pura!».

I «rifiuti» della fabbrica e i villeggianti sofferenti

Il testo, redatto in bella grafia e in italiano impeccabile, non ha bisogno di molti commenti. È evidente e comprensibile quanto gli abitanti del paese scelto da San Bruno per l’amenità e la purezza delle sorgenti, il cui centro si è sviluppato proprio in prossimità di quel fiume, fossero indignati per quell’inquinamento, sulle cui responsabilità non mostrano nutrire alcun dubbio: «È lo stabilimento di Santa Maria che produce questo stato di cose insopportabile ulteriormente, versando nell’Ancinale i rifiuti della sua fabbricazione di cellulosa e carta. I villeggianti, che quest'anno soffrono le conseguenze del male, un'altra volta sceglieranno altro luogo, e non Serra, per passare la stagione calda e, con le descrizioni delle sofferenze patite, allontaneranno chi potrebbe decidere a venire qui».

Le mani delle lavandaie e le conseguenze per gli animali

Gli accenni di una polemica destinata ad attraversare i secoli, quella sul decantato e mancato sviluppo turistico della zona, emergono con chiarezza. Ma c’è spazio anche per considerazioni di carattere sociale. «L'Ancinale – si legge ancora nella petizione – serviva per lavare le biancherie, ora non può più adoperarsi allo scopo, perché le macchia, le sciupa e le carica di piccoli filamenti cotonacei; rovina le mani delle lavandaie, e di più chi indossa le biancherie, imprudentemente lavate nell'Ancinale, soffre grave prurito. Gli animali non possono più abbeverarsi all'Ancinale, e le trote che vi abbondavano sono quasi sparite del tutto». La conclusione è perentoria: «È uno stato di cose, questo, che, per la pubblica igiene, per la pubblica comodità, e per pubblico bene, non può e non deve durare più: e i sottoscritti vivono sinceri che Ella opera farlo finire una buona volta».

Il polo industriale e la “piccola” storia

La storia dell’impianto di produzione di cellulosa, sorto a Serra negli ultimi decenni dell'Ottocento, per iniziativa del conte toscano Giuseppe Fabbricotti, è raccontata con dovizia di particolari e documenti in un bel libro di Stefania Pisani e Brunello De Stefano Manno pubblicato da “Città Calabria” nel 2007. Era un polo industriale considerato «di assoluta avanguardia» che, all'epoca, aveva catalizzato «l'interesse – si legge nella descrizione del volume di Pisani e De Stefano Manno – del mondo imprenditoriale e politico, dei tecnici del settore della carta e dei giornalisti della stampa specializzata». Dai meandri dell’archivio comunale è venuta fuori anche questa “piccola” storia inedita, così simile ad altre recenti che hanno riguardato il territorio, che non potevamo non raccontare. Per dovere di cronaca, certo. E perché è stata preceduta e seguita da altri fatti riportati in ulteriori documenti su cui stiamo lavorando. Ne daremo conto prossimamente per illuminare un altro pezzo di quello che era – e dunque nel suo intimo è tuttora – il dna sociale e culturale della comunità serrese.

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