Garibaldi aveva unificato l’Italia, i latifondisti, che avevano aiutato lo Stato nella repressione del banditismo, si allearono alla borghesia industriale del Settentrione: la degradazione economica spense le ultime speranze delle masse contadine del Sud. Le rivolte per la miseria in Calabria furono represse con la violenza e un'assemblea di proprietari terrieri aveva addirittura avanzato la proposta al Governo di abolire le scuole per le classi subalterne, cosa che adesso si sta riproponendo con una “scuola per censo”. L'emigrazione segnò, quindi, l'unica via di salvezza, i giovani, gli uomini abili, partivano. All'inizio del secolo oltre mezzo milione di italiani varcò l'Oceano e fino al 1914 circa dieci milioni abbandonarono la Patria, metà dei quali costituita da meridionali in cerca di fortuna negli Stati Uniti e nel Sud America. Il tenore di vita migliorò allorquando incominciarono a pervenire alle famiglie proletarie le rimesse di grandi somme di danaro da parte dei congiunti emigrati e ciò contribuì a risanare pure la bilancia commerciale nazionale. In seguito con il Fascismo, precluso lo sbocco dell'emigrazione, si poté soltanto scegliere l'arruolamento tra i "volontari" dell'Etiopia.