mini dagostinoOra si aspetta solo la dichiarazione ufficiale di dissesto finanziario da parte del Prefetto, quindi la nomina dei commissari del Viminale, chiamati a risanare il buco di 35 milioni di euro nelle casse del comune di Vibo Valentia. Così si è arrivati al definitivo disfacimento dell'amministrazione D'Agostino: ieri sera il Consiglio comunale ha bocciato il documento finanziario di riequilibrio pluriennale con 21 voti contrari e solo 7 favorevoli, spalancando di fatto le porte al dissesto. Ora, con la nomina dei commissari, il sindaco resterà in carica, ma il fallimento politico, suo e dell'intero centrodestra, è ormai sotto gli occhi di tutti, testimoniato - se non bastassero le condizioni disastrose in cui si trova la città capoluogo - dal fatto che non esiste più una maggioranza politica in Consiglio.

La frattura totale nel centrodestra si era già palesata con l'adesione del sindaco e dei suoi fedelissimi a "Fratelli d'Italia" e con la fuoriuscita dalla giunta di due esponenti del Pdl.

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mini Salerno-DagostinoSi è materializzata la crisi politica che covava da tempo all'interno dell'amministrazione comunale di Vibo Valentia. Ieri l'ultimo atto di una guerra tutta interna al centrodestra: gli assessori comunali Pasquale La Gamba e Antonio Schiavello, entrambi del Pdl, si sono dimessi dalla Giunta guidata dal sindaco Nicola D'Agostino. Già da tempo si era consumata la frattura tra il primo cittadino e l'Udc, ma ora ha ben altro peso dal punto di vista politico la frattura con il Pdl

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mini palazzo_campanellaE' ancora in corso il blitz della Guardia di Finanza a Palazzo Campanella. Da stamattina alle 9, gli agenti delle Fiamme Gialle del comando provinciale di Reggio stanno passando al setaccio gli uffici del Consiglio regionale calabrese per indagare a fondo sui bilanci dei gruppi consiliari. L'indagine, coordinata dal procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza e dal sostituto Matteo Centini, è partita dal caso di un consigliere provinciale reggino del centrodestra che, pare, avrebbe trasferito la propria residenza dopo le elezioni per incassare maggiori rimborsi di viaggio. Da qui l'inchiesta si è allargata alla Regione, dove sono finite sotto la lente d'ingrandimento dei finanzieri tutte le spese dei gruppi consiliari

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DeNisiVIBO VALENTIA - Fine degli spettacoli: tutti a casa. Cala il sipario sulla Provincia di Vibo. L'ultimo triste atto del teatrino della politica vibonese è andato in scena oggi: il Consiglio provinciale, riunitosi in mattinata e terminato intorno alle 17, non ha approvato il bilancio, dunque la giunta De Nisi, sorretta da Pd e Sel, ha terminato anzitempo la sua vita amministrativa e il Consiglio provinciale verrà subito sospeso dal Prefetto, che nominerà un Commissario in attesa dello scioglimento decretato dal Presidente della Repubblica. Ex maggioranza e minoranza si sono trovati in una situazione di pareggio: 12 a 12, bilancio respinto e tutti a casa. Probabilmente De Nisi contava sul voto del consigliere Renato Arone, che però non si è presentato in aula.

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mini asp-viboRiceviamo e pubblichiamo:

«Che ci sia qualcuno intenzionato a mettere in atto un’autentica operazione di spoliazione è noto a tutti ormai. D’altronde, è evidentissimo che nessuno abbia elementi oggettivi per poter confutare che la provincia di Vibo Valentia ma anche quella di Crotone, sia al centro di un preoccupante progetto di smantellamento che si amplifica, vertiginosamente, con il passare delle ore. A partire dai propositi di soppressione della Provincia, l’ultimo periodo è un crescendo di azioni che rischiano di minare la tenuta sociale dei territori più marginali. Nessuno, sia chiaro, intende assurgere al ruolo di sobillatore, ma quello che sta succedendo ai danni dei vibonesi e dei crotonesi è inaccettabile.

Così come è inaccettabile la complicità di alcuni ambienti locali di quel centrodestra finora totalmente incapace di congetturare atti concreti per il rilancio del territorio. A chi, forse per logiche partitiche continua a mortificare il proprio ambito di riferimento, ricordo che è proprio in questi casi che la politica tutta, senza distinzione di appartenenza, deve dimostrare coesione attorno all’unico interesse che giustifica la nostra postazione istituzionale: i cittadini».  

Parte da questa riflessione il Consigliere regionale del Partito Democratico che contesta nel merito la nuova proposta di legge del centrodestra che prevede un nuovo assetto organizzativo della sanità calabrese. In sostanza, il progetto di legge depositato dai consiglieri regionali Salerno, Chiappetta, Serra e Parente prevede la riduzione delle attuali cinque ASP che saranno soppiantate da tre grandi ASP e da altrettante grandi Aziende ospedaliere.

«Mentre da un lato la Giunta regionale dichiara di voler tutelare le autonomie provinciali, dall’altro, le Aziende sanitarie di Vibo e Crotone vengono soppresse con un semplice colpo di spugna. Nel provvedimento si dice anche: le nuove aziende subentreranno nei rapporti attivi e passivi delle vecchie aziende soppresse. Ma quali rapporti e quali aziende? Non si tiene conto della circostanza che le strutture ospedaliere dovranno essere fisicamente separate dal corpo delle aziende territoriali a cui oggi fanno riferimento e non sarà un’operazione semplice per i cittadini, per la qualità dei servizi, per i fornitori, per il personale e per tutta la macchina regionale che rischia di ingolfarsi terribilmente. Si prevede la nomina di commissari, dei quali non capisce quali siano poteri e funzioni, giustificati solo dall’esigenza di mandare via gli attuali organi apicali delle aziende. Si rischia che il 1° gennaio 2013, ci sia solo confusione e che le strutture ospedaliere e territoriali non abbiano alcun punto di riferimento, e che non sappiano più di quale azienda fanno parte. Sempre che il Governo Monti non impugni la legge avanti alla Corte Costituzionale, dato che incide fortemente sulle competenze del Commissario ad acta e sulle competenze della Commissione straordinaria che gestisce l'ASP di Vibo, sciolta per mafia».

Bruno Censore

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mini Facciolla-PmIl sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla (foto), a conclusione della requisitoria nel processo d'appello per 16 tra politici, funzionari regionali ed imprenditori coinvolti nell' inchiesta Why Not, ha chiesto la condanna degli ex presidenti della Regione Agazio Loiero (1 anno di reclusione), del centrosinistra, e Giuseppe Chiaravalloti (1 anno e 6 mesi), del centrodestra. Il pg ha chiesto la condanna anche di altri sette imputati che erano stati prosciolti dal gup, tra i quali l'ex assessore regionale di centrodestra Gianfranco Luzzo (1 anno e 4 mesi). L'accusa ha anche chiesto l'aumento delle pene inflitte in primo grado a tre imputati tra i quali Antonio Saladino (4 anni e 2 mesi), considerato il principale imputato dell'inchiesta ed ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria. Gli altri sette imputati che erano stati assolti in precedenza e per cui è stata richiesta la condanna sono: Nicola Durante, 1 anno e 2 mesi di reclusione; Tommaso Loiero, 8 mesi di reclusione; Franco Nicola Cumino, 8 mesi; Pasquale Anastasi, 10 mesi di reclusione; Giuseppe Fragomeni, 6 mesi; Enza Bruno Bossio, 1 anno e 4 mesi.  

Loiero ha subito diramato una nota stampa sulla vicenda: ''Premesso, come ho sempre detto, il mio estremo rispetto nella sostanza e non per la sola forma, nei confronti della giustizia, intervengo sull'odierna richiesta del sostituto procuratore generale che mi riguarda nel processo d'appello per l'inchiesta Why Not perche' una richiesta di condanna puo' impressionare l'opinione pubblica e sento il dovere di chiarire ai calabresi questa vicenda. La Procura generale - aggiunge Loiero - ha chiesto a mio carico la pena di un anno per il reato di abuso in atti d'ufficio dopo che nel primo grado era stata chiesta, per una serie di reati, l'assoluzione da parte della Procura, poi accolta dal Gup. Oggi resta in piedi questo reato e sento la necessita' di spiegare bene ai calabresi come sono andati i fatti''.
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