Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Già nell’aprile 2012 vennero resi pubblici i dettagli dell’operazione “Resort”, che portò all'iscrizione nel registro degli indagati di ben 63 persone, imputate di aver commesso una maxi-truffa ai danni dell’Unione Europea, per i quali i reati contestati vanno dalla truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici, al falso ideologico, alla dichiarazione fraudolenta mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Come riportato questo pomeriggio dall'Agi, a circa un anno e mezzo di distanza, il pm della Procura di Vibo Valentia, Santi Cutroneo, ha avanzato al gup una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 56 indagati, stralciando di fatto le posizione di soli sette soggetti, per i quali i relativi atti sono stati trasmessi alla Procura di Lamezia Terme, territorialmente competente.
L’attività investigativa è stata condotta dalla Guardia di finanza che ha fatto luce sui fatti inerenti alla realizzazione di 23 strutture ricettive diffuse sull’intero territorio provinciale (diverse di queste non furono però mai realizzate). Per finanziare i Bed & Breakfast in questione, secondo gli inquirenti, fu percepita illecitamente la somma di 1,3milioni di euro. Fra le richieste di rinvio a giudizio arrivate questo pomeriggio, oltre a quella che interessa l’ex presidente del Consiglio comunale di Serra San Bruno, Giuseppe De Raffele, oggi semplice consigliere di maggioranza passato di recente da Ncd a Forza Italia, vi sono altre 18 posizioni riguardanti i tecnici inviati dalla Regione Calabria per le operazioni di collaudo dei Bed & Breakfast.
Nel dettaglio l’ex presidente del Consiglio comunale, nonché amministratore di una società operante nel campo dell’informatica con sede a Catanzaro Lido, Giuseppe De Raffele, è accusato di aver emesso una fattura per un'operazione considerata inesistente dall'accusa, conseguente all’acquisto di computer da parte di un titolare di una struttura di ricezione turistica. L’emissione della fattura, secondo l’accusa, avrebbe permesso al beneficiario dei fondi per l’approntamento di un Bed & Breakfast, di documentare una spesa mai realmente sostenuta. Secondo le risultanze investigative, le persone destinatarie dei finanziamenti europei non solo non avrebbero realizzato le strutture ricettive, ma avrebbero speso i fondi percepiti per ristrutturare le proprie abitazioni o, peggio ancora, per l’acquisto di regali di nozze a congiunti, amici e conoscenti. Regali di una certa entità come, ad esempio, camere da letto o vasche idromassaggio.
In una nota inviata alla nostra redazione, De Raffele ha precisato di risultare coinvolto nell'inchiesta solo in maniera marginale rispetto ai fatti, «non già per una pluralità di fatture, ma per un'unica fattura di appena euro 874,00 oltre iva, per la quale, peraltro, vi è stata regolare registrazione e consegna del computer nonché tracciabilità dei pagamenti in quanto saldata con bonifici bancari, per come documentato e certamente il Gup rileverà».
Gli uomini del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza di Vibo Valentia hanno eseguito stamattina 4 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Giuseppe Rito (presidente di Confcommercio, coinvolto nell'indagine come imprenditore), della moglie, Concetta Mancini, del suocero, Giuseppe Giovanni Mancini, e del loro commercialista, Mario Malfarà Sacchini. Le persone arrestate, cui sono stati concessi i domiciliari, accusate di bancarotta fraudolenta e altri reati fiscali, fanno parte di una famiglia di imprenditori della moda molto nota a Vibo. Alla base dell'indagine del pm Santi Cutroneo ci sarebbe il fallimento pilotato del noto negozio "Etty Mancini moda": gli arrestati, attraverso vari artifici contabili, falsificando i bilanci ed emettendo fatture per operazioni inesistenti, avrebbero messo in atto una bancarotta quantificabile in 2,7 milioni di euro, sottraendo beni e risorse al patrimonio aziendale della società dichiarata fallita. Contestualmente all'esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, la Gdf ha apposto i sigilli a beni per un valore di 2,7 milioni di euro.
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