Mercoledì, 25 Aprile 2012 12:41

Il 25 aprile di Sharo: la memoria e l'orgoglio

mini DSCN8474Di seguito pubblichiamo uno scritto di Marinella Gambino in memoria del padre Sharo, compianto giornalista e scrittore morto il 25 aprile 2008.

Dal giorno della scomparsa di Sharo Gambino siamo stati testimoni di una mobilitazione straordinaria. Il mondo della cultura, la gente comune, la Calabria intera, parte dell'Italia, hanno voluto rendere omaggio alla figura dello scrittore, con una tale ricchezza di sentimenti, quale noialtri familiari non ci saremmo mai aspettata. Una partecipazione ampia e generosa, un affetto travolgente di cui siamo sentitamente grati. Nel mio modo di vedere, ho sempre ritenuto che mio padre, per le sue esequie, immaginasse qualcosa di esattamente eguale ai funerali del suo personaggio Mariano D'Alife, nel romanzo 'Concerto in re maggiore':

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mini sharo_gambinoDurante un incendio nel bosco, mentre tutti gli animali fuggivano, un passerotto volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco. "Chi volarissi mu fai!" Gli chiese il cinghiale. "Vajiu e astutu lu fuocu!" Rispose l'uccellino. "Cu 'na guccia d'acqua?" Disse il cinghiale con un ghigno beffardo. Ed il passero, proseguendo il volo, rispose: "Jio la parti mia la fazzu. Si la faciti puru vui....". A questa  “paravula” rispolverata nell’archivio dei ricordi paterni, Valerio, figlio di Luzzetto Pelaia (e della mia cara maestra Palma), compagno di infanzia di Sharo, commenta citando Baruch Spinoza: “C'è dietro una visione classica e spinoziana (deus sive natura) al contempo della vita. Una salvaguardia per non farsi travolgere dalla follia di questo mondo...”. E sì, la follia di questo mondo. Folle per certi versi, ma se tutti, come quel passerotto, facessimo la nostra parte, sarebbe possibile anche spegnere quel fuoco. Allora capiamo l’importanza che la stampa libera, popolare, fatta dal “basso” del proletariato, da gente che non ha bisogno di fare notizia per veicolare l’informazione e soggiogare le masse con questa potente droga che è la televisione

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Mercoledì, 18 Aprile 2012 18:55

Via Sharo Gambino: la memoria calpestata

mini via_sharo_gambinoOnestamente avevo una certa vergogna ad affrontare quest’argomento, anche se, da tempo, avrei voluto farlo. Parliamo di Via Sharo Gambino in Serra San Bruno. Già all’intitolazione della strada ebbi pubblicamente a che dire con l’allora Sindaco, perché a mio giudizio fatta in modo un poco superficiale. Ciò, a rigor di cronaca, non prescinde dalla grande stima reciproca che vi era tra mio Padre e Raffaele Lo Iacono; quest’ultimo in tutte le occasioni ha sempre valorizzato la figura intellettuale di Gambino dimostrando sempre grande interesse per il lavoro dello scrittore. Secondo me una cerimonia commemorativa poteva starci, solo questo. Ma andiamo avanti. Viene messa comunque questa benedetta segnalazione (che vedete nella foto) e in una manovra un camion la calpesta. Era il periodo di commissariamento. Quella targa rimane miseramente attaccata al palo che vedete “accartocciato” per qualche giorno, poi se ne accorge Franco Gambino fratello prediletto di mio Padre che la raccoglie e la porta in Comune. Dopo qualche tempo la stessa targa calpestata, viene attaccata alla segnalazione di stop.

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Domenica, 08 Aprile 2012 10:45

Sharo e la via crucis di Gesuino

Si consuma proprio nella bocca maledetta di una capra il sacrilegio che potrebbe causare la dannazione dell’anima del povero Gesuino. Detta così sembrerà improbabile, invece quanti hanno letto o leggeranno “Sole Nero a Malifà” – il primo romanzo di Sharo Gambino ristampato da Rubbettino – avranno ben presente come quell’inenarrabile “mal’azione”, quell’empietà cui il piccolo pastore malifioto timoratissimo di Dio è stato costretto, sia all’origine di un crescendo di follia mistica che alla fine porterà il protagonista a cercare la definitiva purificazione nella sua personale, grottesca, tragica via crucis. Già il suo nome, Gesuino, è una chiara metafora del destino cui vanno incontro il piccolo pastore e la sua gente, sopravvivendo tra miseria, arretratezza e superstizione in un villaggio arroccato sulle montagne dell’altopiano delle Serre, nella valle del fiume Allaro.

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mini sharo_gambinoSERRA SAN BRUNO – Probabilmente in molti scopriranno un Sharo Gambino che non conoscono, un autore che va oltre il Meridionalismo, che è molto più di un giornalista o di un saggista. Scopriranno, quelli che non conoscono a fondo le sue opere, un romanziere di razza cui spetterebbe un posto nel pantheon della grande letteratura del ‘900, un narratore di storie universali. Storie che hanno preso corpo nella voce e nei gesti di Paolo Cutuli, che si sono sdraiate sul tappeto musicale tessuto con sapienza dal contrabbasso di Francesco Peronaci, che hanno rapito in maniera sorprendente l’attenzione degli studenti dell’istituto “Einaudi”, stregati dal reading teatrale “Un uomo ha perduto l’ombra”, realizzato dalla regista Ester Tatangelo per iniziativa del Sistema Bibliotecario Vibonese e dell’assessorato regionale alla Cultura. Frequentando l’istituto diretto da Tonino Ceravolo, i ragazzi serresi hanno imparato a conoscere e ad apprezzare l’opera di Gambino attraverso un concorso interno alla scuola, grazie al quale i libri del “cantore delle piccole cose”, serrese di adozione, vengono studiati e approfonditi. Quest’anno, per il Premio Gambino, sarà la volta di “Sole Nero a Malifà”, uno dei suoi romanzi più celebri, figlio del neorealismo di Alvaro, ambientato nella Ragonà dei primi anni ’50. Proprio da Sole Nero è stato tratto uno dei quattro brani che Cutuli ha interpretato di fronte agli studenti dell’“Einaudi”. Il primo, comico e paradossale, si intitola “La caccia alla mosca”: tratto da una raccolta oggi quasi introvabile (“Gli uccelli nella vigna”), poi inserito in un’altra raccolta destinata alle scuole (“L’ombra di Trentinella”), racconta di una surreale, quasi onirica lotta notturna tra il protagonista e una mosca che gli ronza intorno. Grazie all’abilità scenica di Cutuli, le parole di Gambino si sono materializzate sul palco, anche quando si è proseguito con “Il Ceraulo”, racconto dai rimandi ancestrali, ma anche a sfondo etnografico, incentrato sulla figura dei “Sampaulari”, i domatori di serpenti di una volta. E quindi si è arrivati a Malifà, dove la parabola tragica di Gesuino, un bambino del luogo, conosce momenti di pura tenerezza nel fugace incontro con la dolce coetanea Tera, e con la scoperta, attraverso di lei, di un amore fino ad allora sconosciuto.  Il finale, quindi, con “L’uomo che ha perduto l’ombra”, brano dai contorni pirandelliani, che va ad affrontare uno dei grandi temi della letteratura europea, quello dell’identità, del doppio.

Lo spettacolo, oltre che essere apprezzato dagli studenti, ha avuto il plauso di Franco e di Sergio Gambino, fratello e figlio dello scrittore, che a margine della rappresentazione, rispondendo alle tante domande degli studenti incuriositi, hanno avuto modo di raccontare episodi e curiosità della loro vita quotidiana vissuta accanto all’indimenticato Sharo.

 

(articolo publicato su Il Quotidiano della Calabria)

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