Operazione antidroga dei carabinieri di Siracusa che, a seguito di una vasta operazione, sono riusciti a smantellare un'organizzazione dedita al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.

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fulmineBrusco principio d’autunno per il nostro territorio: si è registrato, solo in Sicilia e Calabria, oltre il 23% delle precipitazioni in più rispetto alla media del Sud Italia. A fornire le cifre dell’analisi inerente all’ondata di maltempo che si è abbattuta sulle due regioni nel weekend appena trascorso è stata questa mattina la Coldiretti, sulla base dei dati Ucea, che ha realizzato il monitoraggio dei danni provocati dai nubifragi.

Se in Sicilia a pagare dazio sono state, in particolare, le zone care al commissario Montalbano, personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri, di certo non può sorridere in Calabria il territorio afferente alla provincia di Vibo Valentia, dove si sono registrati diversi casi di allagamenti e smottamenti di terreno.

Proprio la Coldiretti si è attivata, fin dalle prime ore di oggi, contestualmente al consorzio di bonifica, per il ripristino dei territori colpiti e, soprattutto, per prevenire danni peggiori nel caso in cui le condizioni di maltempo dovessero persistere. Il grosso dell’ondata determinata dalle copiose precipatazioni, caratterizzata da lampi e qualche tromba d’aria, si è registrato nel pomeriggio di ieri, attorno alle ore 17. Alla fine il bilancio parla di danni ingenti per numerosi allagamenti, crolli di alberi spazzati via dal vento a dalla pioggia, tombini scoperchiati dai grossi flussi di acqua piovana, in particolare nella zona del capoluogo, ma anche nella frazione Piscopio, mentre a Vibo Marina un albero ha ostruito la circolazione del traffico della Statale 18.

Altri danni si sono verificati nei comuni di Mileto, Ionadi e San Costantino. In particolare sulla fascia costiera numerosi sono stati gli interventi dei vigili del fuoco a fronte di decine di richieste di soccorso. Per fortuna, in definitiva, non pare si possano contare danni a persone, ma di certo i disagi idrogeologici presenti su tutto il territorio provinciale non fanno presagire nulla di buono per la stagione invernale alle porte.

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mini atlantedellemafieRicotta calda con pane raffermo, aragoste e capocollo. Combinazioni forse insolite ma che raccontano molto di quel mondo fatto di valori arcaici tipici del mondo contadino e di feticci del lusso su cui la ndrangheta costruisce la propria immagine. Non esiste certo un codice alimentare mafioso che preveda determinati cibi o ne proibisca altri ma all’interno di quelle che sono le abitudini alimentari dei capibastone emergono chiaramente i due aspetti che caratterizzano le mafie oggi: il rispetto della tradizione (che si evince anche dalla sopravvivenza dei riti di affiliazione) e l’aspetto internazionale che le mafie sono riuscite a conquistare.

Quello che però conta di più non è tanto quello che si mangia ma l’aspetto conviviale. Cene e banchetti sono momenti fondamentali per stringere alleanze, studiare strategie. I matrimoni, così come accadeva nelle famiglie nobiliari di un tempo, possono diventare occasioni consolidare rapporti tra clan, così come i battesimi e le cresime forniscono l’occasione per creare parentele “spirituali” che si trasformano a loro volta in nuovi patti, in nuove alleanze. Tutto a tavola. E’ la tavola il vero foglio bianco su cui si scrivono i contratti delle mafie.

A parlarci di questi aspetti e a raccontarcene i risvolti non solo antropologici ma anche storici e culinari è Gianfranco Manfredi, giornalista esperto in eno-gastronomia, nel primo volume del documentatissimo “Atlante delle mafie” edito da Rubbettino e lanciato in questi giorni in libreria.

L’atlante curato da Enzo Ciconte, Francesco Forgione e Isaia Sales è suddiviso in tre volumi la cui pubblicazione verrà completata nell’arco di tre anni. Il primo volume tocca già argomenti di grande interesse e attualità: dalla storia della Camorra, al rapporto tra mafie e Chiesa, dai giudici antimafia allo scandalo calciopoli.

Il volume

A cosa è dovuto il successo plurisecolare delle mafie italiane? E come mai viene definita “mafia” ogni violenza privata che ha successo nel mondo? L’Atlante delle mafie prova a rispondere a queste due domande. Partendo dalla messa in discussione dal paradigma interpretativo dell’esclusività della Sicilia nella produzione di ciò che comunemente si intende per mafia. Se un fenomeno, nato in Sicilia nell’Ottocento, ha avuto una così lunga durata, affrancandosi dalle condizioni storiche e territoriali che ne resero possibile la sua originaria espansione e proiettandosi così agevolmente nella contemporaneità (divenendo addirittura un modello vincente per tutte le violenze private del globo) non è utile continuare a descriverlo solo come un originale prodotto siciliano. Il modello mafioso, infatti, si è dimostrato riproducibile nel tempo e in altri luoghi, non più specifico solo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia. Con il termine mafia si deve intendere oggi un marchio di successo della violenza privata nell’economia globalizzata. Con questa ottica, l’Atlante delle mafie passa in rassegna le “qualità” criminali che differenziano nettamente i fenomeni mafiosi dalla criminalità comune e da quella organizzata. Esse vengono sintetizzate in cinque caratteristiche: culturali, politiche, economiche, ideologiche e ordinamentali. Secondo i curatori, si può ritenere mafia la “violenza di relazioni”, cioè una violenza in grado di stabilire contatti, rapporti, e cointeressenze con coloro che detengono il potere ufficiale, sia politico, economico e religioso, che formalmente dovrebbero reprimerla e tenerla a distanza. Perciò viene contestato ampiamente il luogo comune delle mafie come antistato, come antisistema. È stato proprio questo luogo comune a tenere per anni in ombra il vero motivo del successo delle mafie. Mentre alcune forme di violenza e di contestazione armata del potere costituito si sono manifestate contro le leggi e contro la visione unitaria dello Stato (il brigantaggio nell’Ottocento, le rivendicazioni etniche-territoriali e il terrorismo politico nel Novecento) e perciò alla fine sono state sconfitte, le mafie hanno usato una violenza non di contrapposizione, non di scontro frontale, ma di integrazione, interna cioè alla politica e al potere ufficiale. Dunque, per mafia si deve intendere una violenza di relazione e di integrazione. In questa loro caratteristica consiste la ragione del loro perdurante successo.

Antonio Cavallaro

Ufficio Stampa RUBBETTINO EDITORE

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Lunedì, 23 Gennaio 2012 16:26

L'Mpa di Loiero mette radici nel Vibonese

mini loiero_e_lombardoIl Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo ha già messo radici in Calabria ed ora prova a strutturarsi nelle cinque province. A Vibo Valentia a quanto pare da qui a breve l'Mpa si doterà di strutture organizzative nei centri più popolosi della provincia, infatti i fedelissimi di Agazio Loiero, leader calabrese e coordinatore nazionale del partito, sono già in fibrillazione e stanno cercando di serrare i ranghi e ricompattarsi dopo la batosta delle elezioni regionali. La settimana appena iniziata sarà decisiva per la strutturazione dell'Mpa nel vibonese e dalle prossime riunione organizzative alla presenza di Loiero verrà fuori l'assetto vibonese del movimento autonimista che fa capo al presidente della Regione Sicilia. Secondo quanto abbiamo preso, verrà nominato un segretario provinciale e tre vicesegretari sul territorio, a Vibo, Serra San Bruno e Tropea. Come segretario provinciale la scelta potrebbe ricadere su Giuseppe De Grano, mentre per le zone di Tropea e Serra i punti di riferimento dell'Mpa sono rispettivamente Giuseppe Romano e Raffaele Lo Iacono, che quindi dovrebbero - direttamente o indirettamente - occupare le caselle territoriali del partito.

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mini forconiMentre l'Italia e almeno mezzo mondo sono impegnati a mettere alla gogna il capitano Schettino, comandante della nave da crociera Costa Concordia, naufragata al largo dell'isola del Giglio, nel Sud Italia una protesta popolare è partita dalla Sicilia per arrivare nelle ultime ore a contagiare anche la Calabria. A protestare non è un popolo indignato per la manovra azzardata di un capitano che è costata la vita ad almeno 11 persone, comunque una grande tragedia,  ma sono quei cittadini, quegli italiani, che appartengono alle fasce più deboli del tessuto sociale della nostra nazione e che denunciano di essere stati messi ulteriormente in ginocchio

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Mercoledì, 18 Gennaio 2012 15:41

Sicilia in rivolta, in Calabria qualcosa si muove

mini cut1326803695003“Il Movimento dei Forconi” è così che si chiama il gruppo di protesta che, partendo dalla Sicilia, ha come obiettivo principale quello di far arrivare la voce del popolo nelle stanze dei palazzi romani. I blocchi sono partiti dalle proteste per il rincaro e le accise sui carburanti, ma si sono ben presto estesi a macchia d’olio. Un movimento di protesta quello siculo, fatto da gente esausta, da gente oramai arrivata al punto di non ritorno, come spiega uno dei rappresentanti de “Il Movimento dei Forconi”, Martino Morsello: “Il Movimento dei Forconi continua la lotta contro i politici corrotti e nepotisti che hanno ridotto alla miseria tutte le attività produttive con la complicità dei sindacati e organizzazioni di categoria,

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