mini ferdinandeaLa Calabria, con le sue vestigia di un passato che spesso sembra non voler passare, racchiude nella parte più nascosta e misteriosa del suo seno luoghi, eventi, fatti, misfatti e circostanze che, pur avendone tratteggiato il destino, sembrano essersi definitivamente smarriti nel lento, ma sornione ed inesorabile divenire del tempo. Una regione fatta di storie senza storia, di racconti senza narratori, di romanzi senza romanzieri. Ciascuno conserva qualche episodio tramandato più della memoria orale che dal rigore scientifico degli amanti di Clio. E così a sopravvivere sono storie antiche, a volte remote, di cui si è perso però il pur minimo riferimento documentale. I greci, gli arabi, i bizantini, i normanni, se non fosse per qualche toponimo è come se non ci fossero mai stati. I luoghi della memoria giacciono negletti, abbandonati, come se avessero la colpa di far ricordare un passato più incerto ma meno aleatorio del vuoto e grigio presente. In un contesto in cui alla memoria collettiva si è spesso sostituita l’immagine folcloristica da sagra paesana è sempre più difficile elaborare un processo storico condiviso in grado da fungere da volano turistico. Mentre altrove si scrivono storie, si rielabora il passato e si valorizzano territori, in Calabria, al contrario, si lascia agonizzare lentamente quel che di buono è scampato alla furia dei terremoti, all’impeto delle alluvioni, alle scorrerie di vecchi e nuovi predoni. Nella parte più alta di monte Pecoraro, da dove è possibile scorgere le increspature dello Jonio e le arsure della vallata dello Stilaro, sorge ancora quel che rimane di Ferdinandea. Un nome evocativo, dal quale traspare inequivocabile l’origine Borbonica. Correva l’anno 1833, quando veniva inaugurato quello che molti per troppo tempo erroneamente riterranno il casino di caccia di re Ferdinando II. Al contrario, l’imponente realizzazione edificata nel cuore della montagna, tra superbi abeti e faggi secolari, costituiva il nucleo secondario di una ferriera, succursale degli stabilimenti siderurgici di Mongiana. Il nuovo insediamento rappresentava una scelta piuttosto felice dei tecnici borbonici che, evidentemente, avevano metabolizzato la teoria del vantaggio competitivo elaborata da Adam Smith. Il luogo individuato aveva, infatti, caratteristiche del tutto peculiari. Ad un tiro di schioppo dai monti Stella e Cosolino, dai quali per secoli era stato estratto il minerale di ferro che aveva alimentato tante rudimentali ferriere, nel cuore di un bosco dove abbondava il legname necessario ad alimentare gli altiforni, a pochi metri da corsi dai corsi d’acqua indispensabili nelle diverse fasi della lavorazione. Del resto qualche anno prima dell’edificazione di Ferdiandea, tra ‘7 e ‘800, a Piano della Chiesa, a poche centinaia di metri dal più recente insediamento, era attiva una piccola comunità dedita alle attività siderurgiche. Di quel minuscolo villaggio, perso tra le selve delle Serre, oggi non sopravvivono che pochi resti. Un’edicola incastonata nel muro di quel che doveva essere un modesto edificio di culto ed un magnifico altoforno a manica, forse l’unico esemplare al mondo, avvolto e coperto dalla fitta vegetazione cui, con ogni probabilità, va attribuito il merito di averlo risparmiato dalle poco amorevoli attenzioni dei soliti cacciatori di frodo. Che in questo sito l’attività dovesse essere piuttosto intensa lo testimoniano le centinaia di scarti di lavorazione che, ad oltre due secoli di distanza, è ancora possibile raccogliere sul terreno coperto dalle foglie. Nel corso della sue breve esistenza produttiva, Ferdinandea seguì inevitabilmente la stessa sorte toccata a Mongiana costretta a chiudere subito dopo l’unità d’Italia. Il 27 agosto 1860 un contingente garibaldino circondava e requisiva gli stabilimenti siderurgici. Un evento che segnerà il de profundis per uno dei primati produttivi del sud Italia. I nuovi padroni ben presto si dimostrarono assai meno caritatevoli di quelli appena scalzati. Estinte le attività proto-industriali, Ferdinandea nel corso degli anni avrebbe conosciuto il suo definitivo canto del cigno. Nel 1874 l’immensa tenuta diventava proprietà del garibaldino Achille Fazzari, che l’acquistava all’asta, insieme agli stabilimenti di Mongiana ed a diversi beni accessori. Nel corso degli anni “don Achille” fece di Ferdinandea la sua ricca e lussuosa dimora, nella quale, tra gli altri, soggiorneranno il fondatore del “Il Mattino di Napoli” Edoardo Scarfoglio e la di lui moglie, Matilde Serao. E proprio la scrittrice partenopea nel settembre del 1886, su “Il Corriere di Roma”, accostava Ferdinandea al leggendario “castello incantato di Parsifal”. Fazzari aveva fatto della sua dimora una sorta di eterogeneo e caotico museo. Nel suo “ Tra le foreste di Ferdinandea. Casa Fazzari”, pubblicato a Prato nel 1906, il Cunsolo parla di «opere d’arte acquistate all’asta, insieme ad altre di dubbia provenienza: una nutrita serie di vasi di terracotta ed anfore greche, il sarcofago di marmo di Ruggiero il Normanno sottratto ai ruderi della certosa e, probabilmente proveniente dalla cattedrale di Mileto, un busto dello stesso personaggio ed altri minori che circondavano il sarcofago, il busto di Napoleone fatto dal Canova e regalato dallo scultore a sua sorella Paolina, il letto in cui Napoleone dormiva all’Elba, un disegno di Raffaello Sanzio, due preziosi organi del Barbetta, uno stupendo mobile ad intarsio stile Luigi XV ed una collezione di Pergamene antichissime». Oltre alla “cura” del patrimonio artistico, a Ferdinandea, Fazzari, intanto divenuto deputato, aveva riavviato, dopo averla riammodernata, la vecchia segheria borbonica che, nel 1892, era stata dotata di una dinamo elettrica necessaria a movimentarne le attrezzature. E proprio nei boschi di Ferdinandea sorgerà nel 1910, ad opera di Cino Canzio compagno della figlia di Fazzari, Elsa, la prima azienda idroelettrica della zona. Nel corso degli anni la proprietà passerà più volte di mano, tanto che delle attività  produttive  non sopravviverà che l’attuale fonte della Mangiatorella e l’industria boschiva, peraltro privata dal valore aggiunto costituito dalla lavorazione del legname. Per il resto, un lento inesorabile declino testimoniato dagli immensi capannoni abbandonati ed ormai cadenti, dagli alloggi per gli operai e dal nucleo centrale sul quale incombe inesorabile la scure del tempo. I tanti visitatori, che ancora oggi si avventurano sui luoghi che potrebbero rappresentare il fulcro di un percorso organico di archeologia industriale, subiscono la stretta al cuore di chi vede lentamente svanire il patrimonio di una regione che stenta a comprendere che lo sviluppo turistico passa dal recupero della sua storia.

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mini py9ufx1u-news_5_aulaSOVERATO - Un'ottantina di alunni di una scuola elementare sono stati costretti a fare lezione in aule che stamane facevano registrare un temperatura di poco superiore allo zero, appena 4 gradi. Il motivo dell'interruzione della fornitura di gas sarebbe il mancato pagamento della bolletta da parte dell'amministrazione comunale soveratese. A denunciarlo sono stati i genitori degli stessi bambini che, preso atto dell'immobilismo delle autorità competenti, hanno deciso di occupare i locali della scuola dichiarando: ''Abbiamo cercato la direttrice, il sindaco, i vigili urbani ed anche i carabinieri - ha spiegato Massimo Ranieri, uno dei genitori - ma al momento non si e' visto o sentito nessuno.  Non intendiamo andare avanti così. Per tutto l'inverno i riscaldamenti non sono mai stati accesi. Adesso basta. O si trova una soluzione o ritiriamo i nostri figli dalla scuola''.

La protesta ha indotto il sindaco di Soverato, Leonardo Taverniti, ad emanere un'ordinanza di chiusura dell'edificio, anticipando di fatto le ferie natalizie, con la speranza di riuscire a trovare una soluzione al problema nel più breve tempo possibile.

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mini suppostaIl Natale è alle porte e, mentre le famiglie italiane preparano il consueto alberello luminoso, c’è chi pensa ai regali da farci trovare sotto. SuperMario, il nostro nuovo Presidente del  Consiglio, ieri ha incassato il sì della camera ed ora aspetta il via libera del Senato, previsto per il  23 dicembre, giusto in tempo per consegnare i doni a Babbo Natale che provvederà ad ottemperare alla più classica delle tradizioni.

Di seguito un breve compendio in modo che ci si possa render conto dell’"equità" della manovra, di quanto realmente vada ad intaccare quella che ormai è solo l’illusione dei nostri risparmi e di quanto invece possa pesare sui tesoretti di chi di questa crisi ne è la causa.

PENSIONI: Attenuata la penalizzazione per chi decide di andare in pensione con meno di 42 anni e un mese di servizio (41 per le donne) che scende all’1% ma per il resto son dolori. L’obiettivo è quello di annullare completamente la pensione di anzianità, finora regolata dalle quote (la somma dell’età anagrafica a quella dell’anzianità contributiva) per dar spazio al solo metodo contributivo già a partire dal 1° gennaio 2012. Si tenderà ad equiparare la soglia di vecchiaia tra uomini e donne che col nuovo anno salirà a 66 anni per gli uomini e 62 anni per le donne che comunque raggiungeranno graduatamente quota 66 entro il 2018. Per chi dovesse maturare, sulla base delle regole in vigore finora, il diritto di pensione entro il 2012 ci sarebbero un paio di scappatoie per andare in pensione all’età di 64 anni e quindi una mezza consolazione per i futuri aspiranti pensionandi. Come se non bastasse è previsto un aumento delle aliquote contributive per i lavoratori autonomi che dovranno toccare quota 24% entro il 2018. Udite, udite: c’è anche un ritocco di 5 punti percentuali per le pensioni d’oro sul contributo di solidarietà, che passa dal 10 al 15% per gli assegni superiori ai 200mila euro annui. Le pensioni al di sotto dei 1000 € continueranno a ricevere la rivalutazione del 100% dell’ISTAT in base all’inflazione, come spiegò a suo tempo “l’affranta” ministro Fornero. In poche parole per i pochi “fortunati” che riescono a pensionarsi entro la fine di quest’anno le penalizzazioni sono relativamente basse, mentre tutti gli altri dovremo, come guerrieri kamikaze, immolarci per la causa e rimanere ben saldi sul posto di lavoro fino alla veneranda età di 66 anni, prostata permettendo.

CASA: E’ il capitolo che più di tutti, proporzionalmente, pagherà il peso dell’imposizione. La novità più grossa è l’introduzione dell’IMU (imposta municipale propria). Dal prossimo anno questa nuova tassa prenderà il posto dell’ICI e riguarderà anche la prima casa e le pertinenze della stessa. Qualche sgravio lo potranno avere le famiglie con figli entro i 26 anni alle quali sarà riconosciuto uno sconto di 50 euro per ogni figlio (fino ad un massimo di 400€) decurtabile dalle tasse sulla prima casa. Ieri in aula non sono passati gli odg di IDV e Lega che chiedevano che la tassazione fosse estesa anche alla Chiesa, se va bene tasseranno gli edifici ad uso commerciale, almeno quelli. Naturalmente non è tutto. Lo Stato metterà le mani anche  sulle proprietà all’estero e verranno modificati i moltiplicatori utilizzati per la rivalutazione delle rendite catastali, che saliranno al 160%.

ACCISE E IVA: Le aliquote attualmente fissate al 21% e al 10% verranno incrementate di due punti percentuali a partire dall’ottobre del 2012, mentre per quel che riguarda le accise sui carburanti i rincari si stanno già facendo sentire sin da subito.

PAGAMENTI E CONTI CORRENTI: Viene abbassata ulteriormente la soglia per i pagamenti in contanti che passa dai 2500€, stabiliti non più di 4 mesi fa, ai 1000 euro previsti dalla  misura anti-evasione presente nella manovra. Per quel che riguarda i conti correnti, viene eliminata l’imposta di bollo per i conti a giacenza media annua inferiore a 5000 euro mentre c’è un aumento di oltre il 25% per il tributo che le imprese andranno a pagare, passando così da 74€ a 100€.

FISCO: Sempre in materia di anti-evasione viene prorogato il termine per ottenere la rateizzazione dei tributi e per chi deciderà di farlo non ci sarà più l’obbligo della fideiussione. Prevista una riduzione del cuneo fiscale per le aziende che assumono lavoratrici e giovani under 35 a tempo indeterminato.

Fin qui i pro e contro principali che la manovra salva-Italia riserverà a noi comuni mortali, ora proviamo ad analizzare i provvedimenti che dovrebbero andare a scomodare chi ha qualche pensiero in meno per arrivare a fine mese.

COSTI DELLA POLITICA E SUPERSTIPENDI: Non potendo abolire le province con una legge ordinaria si è pensato di eliminare le giunte provinciali prevedendo che entro il 30 novembre 2012 si passerà dalle 45 unità che formano attualmente una giunta a soli 10 elementi. I dipendenti in esubero saranno trasferiti alle regioni e ai comuni e alle province rimarrà quindi solo il compito di coordinamento delle attività dei Comuni. Per tutte quelle cariche elettive non previste dalla Costituzione e che oggi affollano gli uffici di competenza provinciale (vedi comunità montane) è stato stabilito che percepiranno il solo gettone di presenza e non lo stipendio com’è oggi. I ministri saranno obbligati a dichiarare ogni titolo di stato, obbligazione e fondo posseduto oltre a non poter percepire doppio stipendio. Fissato un tetto massimo anche per gli esosi compendi percepiti dai manager assunti dalla pubblica amministrazione che non potranno mai essere superiore a quello del primo presidente della Corte di Cassazione.

LUSSO: Per tutti i proprietari di aerei, barche oltre i 10 metri e auto con potenza superiore a 185kw sarà introdotta una tassa ad hoc, una specie di superbollo.

LO SCUDO FISCALE: Prevede un’imposta di bollo del 10 per mille per il 2012 che salirà fino al 13,5 per mille nell’anno successivo per poi stabilizzarsi al 4 per mille dal 2014.

Questo in breve quello che ci spetterà per il prossimo futuro. Una cosa è certa: la politica ha trovato il modo di presentarci il conto dei suoi privilegi senza dover subire il linciaggio, ampiamente meritato, della gente. Così il nostro SuperMario, come il baffuto idraulico virtuale, affronterà mille pericoli e peripezie cercando di arrivare alla fine e salvare le amate lobbies, che nel frattempo si crogiolano al sicuro, barricate all’interno dei loro castelli che di virtuale hanno ben poco.

…e da parte mia… un saluto al tavolo.

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mini CORAPIVIBO VALENTIA - Allenamento odierno per l’undici del duo Ferrante – Viola in vista dell’impegno di domenica prossima contro i campani dell’ Aversa Normanna. Il ben noto problema della mancanza di strutture cittadine obbliga la squadra e lo staff tecnico rossoblù a continui pellegrinaggi e impone la società ad effettuare una continua ricerca di campi disponibili dove poter far allenare la squadra. Nel corso della seduta, tutti i componenti l’organico rossoblù hanno preso parte al test contro la formazione Berretti, ad eccezione di Caridi, fermo per via di uno stiramento al flessore, e di Benincasa, che per via di un problema al flessore si è allenato a parte, anche se per domenica dovrebbe recuperare (lo staff medico è comunque già all’opera per rimetterlo in sesto). Il fantasista rossoblu, Corapi, ha commentato così la vittoria di una settimana fa contro l’ Isola Liri: «Ci tenevamo troppo a vincere quella gara – ha detto il centrocampista – anche perché venivamo da due brucianti ko. E siamo stati bravi a non andare in tilt riuscendo per ben due volte a recuperare lo svantaggio ed a ribaltare il punteggio, dopo un primo tempo nel quale non abbiamo giocato per come sappiamo, forse frenati dalla paura di sbagliare. Ci abbiamo creduto fino all’ultimo e questo testimonia ancor di più la forza del gruppo. Nella ripresa non c’è stata storia. Loro hanno finito in sofferenza sul piano atletico, mentre noi ne avevamo ancora tanta in corpo». L’ultimo pensiero di Corapi è per il prossimo avversario: «L’Aversa Normanna è una squadra che in casa concede pochissimo e fra le mura amiche ha una marcia in più. Da parte nostra c’è la ferma intenzione di chiudere l’anno con un risultato positivo, anche perché la classifica in basso rimane sempre corta. Dovremo giocare con massima attenzione e senza commettere sbagli. Nelle ultime gare giocate in trasferta abbiamo raccolto molto meno di quanto meritato ma ciò è avvenuto soprattutto per colpa nostra. Ecco perché è necessario ridurre al minimo gli errori e tenere elevata la concentrazione per tutto il match».

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mini VIBONESE_2VIBO VALENTIA – Vittoria di misura per la Vibonese del duo Ferrante – Viola che, allo stadio “Luigi Razza”, batte per 3 a 2 l’ Isola Liri ed esce dalla zona calda della classifica. Per quel che riguarda la cronaca del match, al 19’ pt la squadra di casa si rende pericolosa con Corapi che, però, non inquadra lo specchio della porta. Passano due minuti e gli ospiti aprono le marcature: punizione dell’Isola Liri in area, respinge di testa Di Berardino, dal limite raccoglie Morleo che di sinistro al volo porta i laziali in vantaggio. La Vibonese si porta in avanti alla disperata ricerca del pareggio che arriva in pieno recupero con Corapi che, su punizione, spedisce la palla sotto l’incrocio dei pali. Primo tempo che si conclude in parità (1 – 1). Ad inizio ripresa, però, i laziali passano nuovamente in vantaggio: il direttore di gara ravvede un fallo da rigore nel contatto tra Salvatori e Improta. Dal dischetto Martinelli spiazza il portiere. La squadra del patron Pippo Caffo non ci sta e pareggia nuovamente i conti il solito Doukara, che prende il tempo a Martinelli, controlla e conclude in porta siglando un gran bel gol. Dopo solo pochi secondi, Improta per gli ospiti aggira Cosentino e calcia sull’esterno della rete. Al 32’ la Vibonese sigla il gol del 3 a 2, ma l’arbitro annulla la rete su segnalazione del proprio assistente perché il pallone calciato da Corapi supera la linea bianca di fondo campo. Al 42’ il gol partita dei rossoblu: percussione centrale di Saturno che salta due avversari e dal limite scaglia un gran tiro che si insacca sotto l’incrocio. Risultato finale: Vibonese batte Isola Liri 3 a 2.

 

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Sabato, 10 Dicembre 2011 20:36

La casta e i Robin Hood al contrario

mini Robin-Hood-walt-disneys-robin-hoodChe la politica non possieda più la capacità di ascoltare le istanze del popolo non è certo una novità. Ma quando questa si adopera con astuzia per accrescere ancora di più i propri interessi forse vale la pena di fermarsi un po’ per iniziare a chiedersi “dove stiamo andando?”, o meglio “dove si vuole arrivare?”

Dopo tutto alcuni mostri abbiamo contribuito a costruirli anche noi. Li abbiamo tirati su un po’ per volta. Li abbiamo forgiati giorno dopo giorno, saziandoli nel cuore delle campagne elettorali di applausi e calde strette di mano che, di contro, hanno poco in comune con i saluti gelidi e distaccati del post elezioni. Alcuni addirittura li abbiamo legittimati al potere, nutrendoli di ics tracciate di fretta in anguste cabine elettorali, con matite ben temperate da tante false speranze palesatesi nel tempo in reali illusioni.

La politica è sorda. Lo sanno i giovani che provano sempre meno amore nell’interessarsene e lo sanno i padri di famiglia che (e non è un luogo comune) riescono a stento ad arrivare alla fine mese. Ma, in alcuni casi, non si tratta di incapacità di ascoltare e né tanto meno di sordità acuta. Si tratta piuttosto di sfrontatezza, arroganza e malizia. Altrimenti non si spiegherebbe perché, in un’epoca in cui finalmente la politica inizia ad interrogarsi sui costi della politica, a qualcuno venga in mente di remare controvento, continuando a privilegiare la casta, senza ricordare che l’obiettivo di chi ci governa non è di certo la crescita dello spessore del proprio portafogli.

Ma facciamo un passo indietro.  

Lunedì 11 luglio scorso, durante la seduta del Consiglio Regionale, uno dei massimi esponenti del partito berlusconiano della nostra provincia, Nazzareno Salerno, ha avuto la premura di presentare un emendamento che mirava al ripristino del vitalizio per gli assessori regionali esterni e per i sottosegretari di giunta. Che tradotto significa assicurare la pensione a vita anche a coloro i quali non sono stati eletti dal popolo ma, piuttosto, nominati direttamente dai partiti. Si tratta di un fatto grave che la stessa maggioranza ha etichettato fin da subito come uno scellerato e maldestro tentativo di favorire qualche collega politico. Un tentativo che dipinge sul volto di Salerno la maschera del furbetto mancato. Infatti il consigliere aveva introdotto nell’assestamento di bilancio l’inghippo celandolo dietro la dicitura di “disposizione abrogativa e sostitutiva dell’art. 1 della legge regionale del 26 febbraio 2010 numero 7”. Una dicitura eccessivamente tecnica, in puro politichese, perché altrimenti magari la gente “capisce”!

Per fortuna le critiche sono state immediate, oltre che da tutti i partiti del consiglio, anche da parte della stessa maggioranza, tanto che perfino Cesella Gelanzè dello stesso PdL ha impiegato poco per definire la proposta di Salerno scellerata e vergognosa, e addirittura il governatore Scopelliti dai banchi della presidenza, e di fronte al consiglio regionale al gran completo, ha “invitato” Salerno a ritirare immediatamente l’emendamento, bollandolo come “un attacco vergognoso alla politica dei sacrifici. Sacrifici che sempre più gravano solo sulle spalle dei cittadini”.

Quindi, nonostante nei giorni scorsi sia stato reso noto l’ammontare degli stratosferici stipendi dei nostri consiglieri regionali, tra i più alti di tutta Italia (più di 12.000 euro al mese di stipendio base!), Salerno continua, come un Robin Hood al contrario, nella sua imperterrita battaglia di paladino dei più ricchi, visto che già nei mesi scorsi aveva dato parere favorevole sulla norma che avrebbe consentito ai consiglieri regionali di mantenere un doppio incarico e di conseguenza un doppio stipendio (consigliere regionale  e contemporaneamente sindaco di una città).

Ecco perché a questo punto è necessario chiedersi quali siano gli obiettivi veri della politica che ormai da tempo ha smarrito il suo ruolo originario, fino ad allontanarsi definitivamente dai bisogni reali di cui invece dovrebbe rendersi portavoce. Bisogni reclamati da un territorio e da migliaia di cittadini che si misurano quotidianamente con le difficoltà della nostra epoca e che francamente, vivendo in una terra martoriata, non considerano affatto una priorità il ripristino del vitalizio agli assessori esterni o il garantire un doppio incarico a potenziali “sindaci-consiglieri regionali”.

E io pago!

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