mini bruno_zaffinoRottura tra l’assessore comunale Bruno Zaffino (foto) e l’amministrazione serrese. Il sindaco Bruno Rosi, questa mattina, ha revocato Zaffino da assessore, ed è stato lo stesso sindaco a comunicarlo al cronista. Bruno Zaffino, quindi, è fuori dalla squadra di governo locale, ed il tutto sancisce, con ogni probabilità, l’apertura di una crisi politica. L’ex assessore non era soltanto uno dei membri maggiormente rappresentativi dell’amministrazione comunale, ma è anche stato il candidato più votato in assoluto - secondo solo al consigliere regionale Nazzareno Salerno - che con una valanga di consensi ha dato un enorme contributo per la vittoria della squadra capitanata dal consigliere provinciale Rosi. Bruno Zaffino non ha mai fatto mistero di essere, da solo, in grado di scompigliare le dinamiche politiche comunali, probabilmente contando su consiglieri che sarebbero a lui vicini come Cosimo Polito e Carmine Franzè, che però non sono mai stati messi alla prova e che potrebbero comunque defilarsi e continuare ad appoggiare la maggioranza, il primo per preservare il posto di assessore, il secondo per non abbandonare il gruppo con cui ha vinto le elezioni. Ancora non si conoscono bene le motivazioni che hanno fatto entrare nel mirino dell’amministrazione pidiellina un assessore tra i più “pesanti” dell’intero esecutivo serrese, ma l’empasse politica in atto sta paralizzando non poco l’attività amministrativa serrese. Lo avevamo annunciato in tempi non sospetti che un rimpasto di giunta ci sarebbe stato e che era soltanto rinviato, e adesso le nostre indiscrezioni, contro le quali corsero immediatamente al riparo i big della politica pidiellina per smentirle repentinamente facendole passare come illazioni, si sono rivelate quanto mai esatte. Insomma, dopo la giunta di Raffaele Lo Iacono con una paralisi amministrativa permanente, dopo il commissariamento prefettizio in seguito allo scioglimento anticipato del consiglio comunale per le contestuali dimissioni di nove consiglieri comunali, ora un’altra stagione politica all’insegna dell’instabilità sembra aprirsi per la cittadina montana, che sembra non poter godere di una gestione amministrativa solida e duratura.

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mini Antonio_GentileNon si placa il dibattito scaturito dagli arresti di Reggio di stamattina che hanno visto coinvolto, tra gli altri, un consigliere comunale del Pdl (Giuseppe Plutino) in un blitz contro la cosca Caridi. Il senatore cosentino Tonino Gentile, in una nota, richiama all'obiettività la deputata Doris Lo Moro, che aveva invocato l'intervento del Viminale sul comune di Reggio. ''All'on. Lo Moro, che io rispetto profondamente, che ha chiesto lo scioglimento del Consiglio comunale di Reggio Calabria - scrive Gentile - rispondiamo che la nobile questione dell'antimafia non deve diventare sterile strumento di polemica politica quotidiana. Fatti personali di soggetti incensurati vanno inquadrati - aggiunge - con senso di ferrea difesa della legalita' ma anche della presunzione di innocenza. Voglio ricordare all'on. Lo Moro che a Cosenza, alla Provincia ed al comune di Rende, si trovano indagati per voto di scambio con la mafia consiglieri provinciali che si aggiungono a soggetti coinvolti in operazioni evidenti e che sono stati negli uffici di collaborazione della Provincia: eppure nessuno del centrodestra ha chiesto lo scioglimento degli enti. Bisogna essere obiettivi ed orizzontali quando si parla di antimafia e di accesso agli atti - afferma ancora Gentile - sapendo che e' necessario bonificare le istituzioni senza per questo trarre conclusioni frettolose e inveritiere da operazioni che non hanno collegamento con i vertici dell'istituzione, com'e' accaduto oggi a Reggio Calabria''.

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mini orsola-fallara

E' indagato per falso in atto pubblico per la vicenda tristemente nota come "caso Fallara" - l'indagine sul buco riscontrato nei conti del comune di Reggio - ma si dice "sereno" ed è convinto di aver chiarito la sua posizione. Il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, uscendo ieri dal Cedir, il palazzo della Procura, ha ostentato tranquillità: "Ho soltanto chiarito la mia posizione rispetto alle vicende contestate - ha spiegato -  evidenziando, così come è scritto dagli stessi ispettori ministeriali, il distinguo tra le competenze, che sono gestionali in capo ai dirigenti, e quelle in capo alla politica. Ho dimostrato in maniera chiara la mia estraneità alla vicenda". Scopelliti è stato interrogato per quasi due ore dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Ottavio Sferlazza e dai pm Sara Ombra e Francesco Tripodi. Il contenuto dell'interrogatorio è ovviamente top secret, ma il breve commento che Scopelliti ha affidato ai cronisti lasciando la Procura è pesante, e l'interpretazione necessariamente univoca. L'ex amatissimo sindaco del comune di Reggio, eletto e rieletto a furor di popolo, ha apertamente scaricato la Fallara, dirigente comunale del settore finanze suicidatasi un anno fa ingerendo acido muriatico.

Era proprio dicembre, infatti, quando la donna, tra i burocrati più vicini a Scopelliti, si tolse la vita dopo essere stata indagata per essersi auto liquidata illegittimamente centinaia di migliaia di euro. Dall'indagine della Procura reggina, tra l'altro, emersero analoghi pagamenti non dovuti da parte del comune all'architetto Bruno Labate, allora legato sentimentalmente proprio alla Fallara. Lo stesso Bruno Labate divenne in seguito il capo della delegazione romana della Regione Calabria, un incarico "parcheggio" in attesa di arrivare a Fincalabra, almeno così ha sostenuto lui stesso spiegando che queste nomine erano arrivate grazie alla mediazione della Fallara nei confronti di Franco Zoccali, oggi dirigente generale della Regione, e di Scopelliti. E' chiaro dunque che Orsola Fallara fosse una persona di fiducia del presidente della Regione, anche alla luce - come scrive Giuseppe Baldessarro sul Quotidiano di oggi - del fatto che essendo una dirigente esterna era stata chiamata a guidare l'ufficio finanze del comune con un incarico fiduciario. Ma, secondo Scopelliti, questa sua fiducia sarebbe stata tradita, e la dirigente avrebbe agito autonomamente. La politica, dice il presidente, non poteva sapere, e quindi tutte le colpe sono della Fallara.


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traversa 2La conclusione ufficiale dello psicodramma andrà in scena domani, con la formalizzazione della lettera di dimissioni che è già pronta sulla scrivania del segretario generale del comune di Catanzaro. Domattina verrà protocollata: da quel momento Michele Traversa avrà 20 giorni per ripensarci, ma è lui stesso a chiarire che non tornerà indietro, e dicono sia un uomo di parola. Pare che nel giorno più lungo della sua carriera politica, cioè ieri, abbia ceduto anche emotivamente di fronte al suo fallimento, come lo ha definito lui stesso. Dicono addirittura di averlo visto in lacrime, sofferente e depresso nel chiedere scusa alla sua città. Ma non se la sentiva, l'ex presidentissimo. Non poteva essere lui "a licenziare padri di famiglia e a chiudere le scuole", e dunque ha scelto.

Ha scelto tra se stesso e i catanzaresi, il sindaco-deputato. Ha scelto le vellutate poltrone di Montecitorio, perchè pare che lo scranno di primo inquilino di palazzo dei Nobili attualmente sia postazione molto meno comoda. L'analisi politica va fatta, senza faziosità, poichè lo spessore e l'onestà del personaggio lo richiedono. E dunque: il comune sta per sforare il Patto di Stabilità per 12 milioni di euro; c'è una voragine nelle casse dell'ente; le società partecipate sono al collasso e molti lavoratori rischiano il licenziamento; l'edilizia scolastica è in una situazione gravissima, con tanti edifici attualmente frequentati che sono ad alto rischio e che quindi dovranno essere chiusi; la gestione dei rifiuti è in tilt e la discarica di Alli è una polveriera pronta ad esplodere. Tutto vero, e tutto già noto da mesi, soprattutto. Traversa non poteva non sapere: prima delle elezioni, durante la campagna elettorale, nei suoi primi 6 mesi di mandato. Ed anche i catanzaresi sapevano, e proprio perchè sapevano avevano scelto, in massa, di affidarsi nelle mani di quell'amatissimo ex presidente della Provincia, che era diventato un simbolo del buon governo anche per gli avversari. Un politico vecchio stampo, una persona di grande esperienza, un ex fascista diventato col tempo sempre più "istituzionale", un uomo che, in democrazia, sa comandare e sa far funzionare le cose: per questo Traversa aveva stravinto contro l'ottimo ma imberbe Scalzo, a cui gli apparati regionali del Pd - sempre fautori di dinamiche politiche medievali - hanno dato spazio solo perchè c'era la certezza di perdere. Doveva essere un messia, l'uomo della provvidenza per la città capoluogo di regione, per questo l'avevano votato tutti. E invece.

Ammette il fallimento, il sindaco-deputato, e getta la spugna. Chiede scusa, e fa bene, perchè ha tradito i suoi elettori. E' onesto nel farlo, ma le difficoltà della città sono solo delle concause. Il motivo principale è uno, e riguarda molto poco l'interesse generale e molto di più quello di un singolo, lui. Basta domandarsi, con la stessa onestà che si riconosce, a ragione, a Traversa, perchè tutto ciò sia successo ora. Perchè il sindaco getta la spugna proprio adesso? La risposta è una sola, e sta nella decisione della giunta per le elezioni di Montecitorio di obbligarlo a scegliere tra il Comune e la Camera. Inutile nascondersi. Dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha sancito l'incompatibilità tra le due cariche, Traversa aveva preso tempo, ma adesso una recentissima lettera del presidente della Camera lo ha obbligato a scegliere, e lui ha scelto. Non ha scelto quando ha scoperto il buco nelle finanze comunali, non ha scelto quando ha saputo delle difficoltà che avrebbe avuto nell'amministrare, ha scelto quando è stato obbligato. E, oltre a scaricare una città intera in nome di una sua convenienza personale, ha provocato un terremoto anche nel suo partito.

Si è subito dimesso, infatti, da coordinatore provinciale del Pdl, ma molti, troppi nel partito catanzarese hanno preso le sue dimissioni come un ceffone politico che sarà difficile smaltire. Sì, è anche probabile, come dice Traversa, che Catanzaro resterà in mano al centrodestra, ma con che animo e con che fiducia torneranno alle urne i cittadini, a distanza di un anno dall'avvento del messia, sapendo di essere stati traditi anche dal più popolare e amato punto di riferimento politico di Catanzaro? E infine Traversa, che ha fatto cose meravigliose come il parco della Biodiversità, non prova alcun imbarazzo nel chiudere la carriera politica abbandonando la sua barca in cattive acque per salpare verso lidi ben protetti da privilegi vitalizi? 

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mini foto_per_pezzo_politicaLa Calabria affonda. Frana, brucia, si svuota, viene tagliata fuori da tutto: questo vedono con gli occhi i calabresi ogni giorno. Questo il contesto in cui si vive. Ma sembra che esista, a ben guardare, anche un’altra dimensione, una sorta di iperuranio dove però non risiedono le “idee” che secondo Platone sono condizione necessaria per l’esistenza delle cose terrene. Si parla di un “luogo” della politica, non intesa come stimolo e strumento di buon governo, ma più prosaicamente – e realisticamente – come mezzo per l’acquisizione di potere. La fotografia attuale della Calabria è allarmante: disoccupazione sempre in aumento; emigrazione giovanile tornata ai livelli di 40 anni fa; un isolamento deliberatamente attuato dalle classi dominanti nazionali, che negli ultimi anni hanno sempre sacrificato il Meridione, e la Calabria in particolare, sull’altare del nordismo più sfacciato; un dissesto idrogeologico che fa davvero paura; delle infrastrutture, a partire dall’A3, da terzo mondo. Per non parlare della ‘ndrangheta, del malaffare, delle tante “zone grigie” su cui ancora si deve far luce e che opprimono tutto, qui da noi. Fino al soffocamento.
La Calabria è un’unica, impressionante emergenza riproposta nel quotidiano, ma questa condizione non è sicuramente la cosa che assilla di più i pensieri di chi ci governa e di chi dovrebbe rappresentarci nelle istituzioni. Perché la politica, non solo a queste latitudini, è fatta di altre cose, è occupata ad assolvere altre mansioni. E dunque a tenere banco in questi ambienti, di cui basta osservare il variopinto sottobosco, sono i movimenti e le strategie interne ai partiti, che sono lo strumento principe dell’accaparramento di posizioni di potere. E per capire quanto siano distanti, questi apparati, non solo dal popolo in generale, ma anche dai loro stessi elettori, è utile fare una panoramica sulla gerarchia di priorità individuabili nell’agenda dei principali partiti calabresi.

Il Pdl è diviso sulla questione dei doppi incarichi. La maggioranza sta ovviamente con Scopelliti, che è coordinatore del partito e anche presidente della Regione. La linea dettata da Angelino Alfano al Pdl però è chiara, e sono previste nelle circolari di partito precise incompatibilità, in cui si inquadra a pieno la posizione (incompatibile) del coordinatore-presidente. Ma Scopelliti adesso è troppo potente per schierarsi contro di lui, e dunque tra le tante anime del partito che lo sostengono c’è anche chi fa buon viso a cattivo gioco. Solo il deputato Nino Foti – che, particolare non da poco, ha strappato agli Scopelliti-boys la presidenza della Provincia di Reggio – si è apertamente mosso, da tempo, in chiave anti Scopelliti e non fa mancare occasione per ribadirlo. Ma c’è anche chi, come Pino Galati, scalpita dietro le quinte puntando decisamente alla leadership regionale del Pdl. Che tradotto significa un grosso potere sulla prossime candidature al Parlamento.

Stesso assillo, quest’ultimo, che agita i sonni di molti anche in casa del Pd. Lo spettacolo dell’epurazione, per mano commissariale, di Adamo e Bova – mentre Loiero, come suole fare, ha usato il partito come un taxi per essere trasferito, col suo cappottino verde, in luoghi per lui più agevoli – è stato perfino peggiore dell’aver consegnato proprio in queste mani la legislatura 2005/2010, con risultati che sono gli occhi di tutti. Eppure rimangono in sella gli intramontabili democratici calabresi. Quelli che votano con la maggioranza per proteggere le clientele della Fondazione Campanella – che non è solo questo, ci mancherebbe, ma è anche questo – o magari per salvaguardare i propri vergognosi privilegi. Poi ci sono quelli che forzano per prendersi il partito a suon di numeri, come il sempreverde Mario Oliverio, e quelli che tramano per garantirsi il posto al sole nel futuro prossimo. Quelli che proprio non riescono a fare autocritica, prima di parlare di sanità, sono molti, e altrettanti quelli che non hanno convenienza ad opporsi a “sistemi” ben oleati e protetti come quello riguardante il monopolio di Sorical sull’acqua calabrese. Un partito senza identità, dunque, fatto di soli generali, litigiosi e famelici fino al grottesco.

Poi ci sono gli embrioni di Terzo Polo, che in Calabria raggiungono vette irraggiungibili di ambiguità e incoerenza. Per una Angela Napoli (Fli) che rimane tutta d’un pezzo e, piaccia o meno, ha una linea politica ben chiara e diretta, c’è un Gino Trematerra (Udc) che non sa più da che parte girarsi per intavolare future alleanze. L’Udc calabrese è un fenomeno più antropologico che politico: a Catanzaro sta con Scopelliti, ma a Roma non sta con Berlusconi; in Calabria è anche nel Terzo Polo, in cui c’è anche Loiero, ma appoggia lo schieramento che ha sancito la fine del loierismo; a Vibo è contro Pd e Pdl – eppure, tra Comune e Provincia, ha flirtato e flirta con entrambi – ma attacca il tragicomico presidente della Provincia De Nisi sul dissesto finanziario, dimenticando che chi ha governato quell’ente per dieci anni (l’ex presidentissimo Ottavio Bruni) sta proprio sotto le insegne dello scudocrociato.

Sullo sfondo, per tutti, rimane una questione morale enorme, e per un Morelli (Pdl) – quello de “il compare del mio compare è tuo compare”, un uomo di chiesa… – che è stato arrestato e subito scaricato da tutti, c’è anche un Naccari Carlizzi (Pd) che va a cena, pare a scopo elettorale, proprio con lo stesso boss (Lampada) che ha inguaiato il suo rivale di partito. Questo appiattimento, questo livellamento trasversale verso il basso della politica calabrese, è alla base della creazione dell’iperuranio in cui vivono i Nostri, mentre tutti gli altri, questi sì maggioranza silenziosa, continuano a guardare con gli occhi la realtà, sperando che un giorno, qualcosa di quello che succede tutto intorno, non tocchi proprio noi. Allora capiremmo, ma saremo rimasti soli.

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Sabato, 10 Dicembre 2011 20:36

La casta e i Robin Hood al contrario

mini Robin-Hood-walt-disneys-robin-hoodChe la politica non possieda più la capacità di ascoltare le istanze del popolo non è certo una novità. Ma quando questa si adopera con astuzia per accrescere ancora di più i propri interessi forse vale la pena di fermarsi un po’ per iniziare a chiedersi “dove stiamo andando?”, o meglio “dove si vuole arrivare?”

Dopo tutto alcuni mostri abbiamo contribuito a costruirli anche noi. Li abbiamo tirati su un po’ per volta. Li abbiamo forgiati giorno dopo giorno, saziandoli nel cuore delle campagne elettorali di applausi e calde strette di mano che, di contro, hanno poco in comune con i saluti gelidi e distaccati del post elezioni. Alcuni addirittura li abbiamo legittimati al potere, nutrendoli di ics tracciate di fretta in anguste cabine elettorali, con matite ben temperate da tante false speranze palesatesi nel tempo in reali illusioni.

La politica è sorda. Lo sanno i giovani che provano sempre meno amore nell’interessarsene e lo sanno i padri di famiglia che (e non è un luogo comune) riescono a stento ad arrivare alla fine mese. Ma, in alcuni casi, non si tratta di incapacità di ascoltare e né tanto meno di sordità acuta. Si tratta piuttosto di sfrontatezza, arroganza e malizia. Altrimenti non si spiegherebbe perché, in un’epoca in cui finalmente la politica inizia ad interrogarsi sui costi della politica, a qualcuno venga in mente di remare controvento, continuando a privilegiare la casta, senza ricordare che l’obiettivo di chi ci governa non è di certo la crescita dello spessore del proprio portafogli.

Ma facciamo un passo indietro.  

Lunedì 11 luglio scorso, durante la seduta del Consiglio Regionale, uno dei massimi esponenti del partito berlusconiano della nostra provincia, Nazzareno Salerno, ha avuto la premura di presentare un emendamento che mirava al ripristino del vitalizio per gli assessori regionali esterni e per i sottosegretari di giunta. Che tradotto significa assicurare la pensione a vita anche a coloro i quali non sono stati eletti dal popolo ma, piuttosto, nominati direttamente dai partiti. Si tratta di un fatto grave che la stessa maggioranza ha etichettato fin da subito come uno scellerato e maldestro tentativo di favorire qualche collega politico. Un tentativo che dipinge sul volto di Salerno la maschera del furbetto mancato. Infatti il consigliere aveva introdotto nell’assestamento di bilancio l’inghippo celandolo dietro la dicitura di “disposizione abrogativa e sostitutiva dell’art. 1 della legge regionale del 26 febbraio 2010 numero 7”. Una dicitura eccessivamente tecnica, in puro politichese, perché altrimenti magari la gente “capisce”!

Per fortuna le critiche sono state immediate, oltre che da tutti i partiti del consiglio, anche da parte della stessa maggioranza, tanto che perfino Cesella Gelanzè dello stesso PdL ha impiegato poco per definire la proposta di Salerno scellerata e vergognosa, e addirittura il governatore Scopelliti dai banchi della presidenza, e di fronte al consiglio regionale al gran completo, ha “invitato” Salerno a ritirare immediatamente l’emendamento, bollandolo come “un attacco vergognoso alla politica dei sacrifici. Sacrifici che sempre più gravano solo sulle spalle dei cittadini”.

Quindi, nonostante nei giorni scorsi sia stato reso noto l’ammontare degli stratosferici stipendi dei nostri consiglieri regionali, tra i più alti di tutta Italia (più di 12.000 euro al mese di stipendio base!), Salerno continua, come un Robin Hood al contrario, nella sua imperterrita battaglia di paladino dei più ricchi, visto che già nei mesi scorsi aveva dato parere favorevole sulla norma che avrebbe consentito ai consiglieri regionali di mantenere un doppio incarico e di conseguenza un doppio stipendio (consigliere regionale  e contemporaneamente sindaco di una città).

Ecco perché a questo punto è necessario chiedersi quali siano gli obiettivi veri della politica che ormai da tempo ha smarrito il suo ruolo originario, fino ad allontanarsi definitivamente dai bisogni reali di cui invece dovrebbe rendersi portavoce. Bisogni reclamati da un territorio e da migliaia di cittadini che si misurano quotidianamente con le difficoltà della nostra epoca e che francamente, vivendo in una terra martoriata, non considerano affatto una priorità il ripristino del vitalizio agli assessori esterni o il garantire un doppio incarico a potenziali “sindaci-consiglieri regionali”.

E io pago!

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mini il_sindaco_di_Serra_San_Bruno_Bruno_RosiE’ trascorso poco tempo da quando dalle colonne di un quotidiano locale avevamo annunciato una probabile messa a punto nell’esecutivo comunale guidato dal sindaco Bruno Rosi. Lo stesso primo cittadino e i colonnelli della guarnigione pidiellina si erano affrettati a voler smentire la notizia che aveva e tutt’ora trova un suo fondamento. La necessità di una inversione di rotta a soli sei mesi dalle elezioni è più che mai necessaria ma il sindaco serrese continua a non trovare la quadratura del cerchio. Cosi il ciclo dei rifiuti è saltato, sorge un problema sicurezza e vandalismo che non era mai esistito nell’ultimo ventennio, l’ospedale viene smantellato nel silenzio più assordante dell’amministrazione comunale, che trova il fiato unicamente per compiacere il proprio dominus politico, e l’acqua è imbevibile. Cosi l’esecutivo comunale serrese sembra un po’ come il vasaio di Orazio che sognava anfore ma produceva pignatte. Perché di questo si tratta, tra proclami ed atti esecutivi non vi è alcuna corrispondenza. Intanto, nasce una nuova iniziativa culturale, la divisione della cittadina in rioni, come se già non esistessero, per incentivare e sviluppare il senso di appartenenza in virtù della localizzazione del proprio abitato. «Abbiamo la spazzatura dappertutto e un ospedale chiuso e ci propongono la riscoperta di tradizioni», questo il commento di alcuni cittadini indignati all’indomani della notizia della nuova iniziativa dell’amministrazione comunale. Ma iniziative a parte, i malumori all’interno dei berluscones locali crescono a tal punto che anche i peones più accaniti ora sembrano prendere le distanze dal governo serrese sempre più paralizzato dalle rimostranze di molti e dal potere di pochi. Ma se Sparta piange Atene non ride, non chiediamo certo all’opposizione la caparbietà dei soldati nelle Termopili, ma più intransigenza e maggiore incisività ce la saremmo aspettata soprattutto da chi come l’ex primo cittadino Raffaele Lo Iacono ci aveva abituato ad certo tipo di belligeranza politica. Maggioranza e parte dell’opposizione sembrano sfiorarsi senza la volontà di scontrarsi. Tutto ciò ha fatto pensare ai bene informati che ci possa essere una sorta di tregua politica, durante la quale, alcuni consiglieri di minoranza hanno seppellito le asce e hanno deciso di fumare la pipa della pace con qualche elemento della maggioranza, tanto meglio se con  la benedizione di qualche notabile locale, onnipresente come il prezzemolo. Insomma, accantonato almeno per adesso il rimpasto di giunta, anche a causa delle fughe di notizie che abbiamo adeguatamente anticipato, è giunto il momento per l’amministrazione Rosi di pensare al prossimo periodo natalizio a cui la cittadina montana giunge piuttosto impreparata; ma d’altra parte lo diceva Eduardo De Filippo: «il presepio è bello ma i pastori non sono buoni».

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