Il Vizzarro.it - quotidiano online
Direttore responsabile: Bruno Greco
Redazione: Salvatore Albanese, Alessandro De Padova
Reg. n. 4/2012 Tribunale VV
Riceviamo e pubblichiamo:
Amakorà, che in greco antico vuol dire amore per la propria terra. E questi ragazzi lo dimostrano nelle parole e nei fatti. Nasce in seno all’associazione Subsicinum (l’antica Vazzano) questo nuovo gruppo musicale che esprime i suoi sentimenti utilizzando strumenti della tradizione musicale calabrese e cantando i propri componimenti in dialetto calabrese. Una rivisitazione della musica popolare calabrese vista in chiave etno-pop che, partendo dalla loro “maestra”, Nuzza Fabrizio, che assieme al fiero sindaco della cittadina delle pre-serre calabresi Domenico Villì, ha tenuto a battesimo questa nuova compagine musicale, interpretando in modo sincero e passionale quei canti “ad aria”, quelle tarantelle, quei suoni che hanno imparato andando a lezione dagli anziani del loro paese, unici detentori del patrimonio musicale e sonoro calabrese.
Dunque Vazzano, avrà adesso tra le tante cose belle che possono essere annoverate al patrimonio di questa ridente cittadina (ricordiamo che è il paese natale di Sharo Gambino), anche il suo gruppo musicale, che saprà certo portare ulteriore lustro al panorama musicale calabrese.
Proprio ieri sera, in Piazza Fuscà il loro primo concerto di presentazione del loro primo lavoro “Sognu” e tra chitarra battente, pipita e “ciaramedha”, lira calabrese, tamburelli, organetti, ma anche batterie e bassi elettrici in una sorta di abbraccio musicale, hanno entusiasmato il loro paese natio, fiero di aver dato i natali a questi giovani che non hanno dimenticato le loro radici e le mantengono ben strette, non vergognandosi del loro “accento” calabrese, anzi facendosene vanto e motivo d’orgoglio.
La loro prossima apparizione pubblica sarà all’apertura del “Spadola loves folk”, manifestazione gemellata col Taranta Power di Caulonia e che sarà ospite, nelle serate successive dei Taranproject e di Mimmo Epifani, balaustre della musica etno-folk calabrese.
Riceviamo e pubblichiamo:
Siamo profondamente preoccupati ed amareggiati rispetto alla notizia che da diversi giorni circola negli ambienti cittadini, apparsa anche sulla stampa locale, circa la volontà del Sindaco Rosi e della sua maggioranza targata PDL di non voler rinnovare i contratti dei lavoratori LSU/LPU che scadranno il prossimo 31 Dicembre. Una scelta politico- amministrativa, portata avanti dall’amministrazione comunale, che rischia però di sbattere in mezzo ad una strada 58 lavoratori e le loro famiglie che da 15 anni mandano avanti, tra le numerose difficoltà che quotidianamente riscontrano, molti servizi essenziali del comune.
La notizia ci lascia sconcertati, stupiti e increduli, soprattutto in un contesto storico in cui, ad ogni livello, i temi dell’occupazione e della tutela dei lavoratori assumono un ruolo centrale. In un periodo difficile, nel quale si vuole difendere ogni singolo posto di lavoro, la “lungimirante” amministrazione serrese decide di mandare a casa i lavoratori per esternalizzare e privatizzare alcuni servizi, primo fra tutti - per come si apprende dalla stampa - la raccolta differenziata. Non riusciamo a capire la logica che spinge in tale direzione anche alla luce delle drammatiche ripercussioni economiche che tale decisione potrebbe avere, non solo per le famiglie interessate, ma anche per l’economia cittadina.
Per tali motivi condurremo su questo tema una battaglia serrata e continua. Difenderemo i lavoratori e le loro famiglie ricordandoci il debito che la società ha nei loro confronti poiché, a fronte di anni di precariato, di un esiguo stipendio e senza alcun contributo previdenziale, quotidianamente sono impegnati a garantire anche il funzionamento della macchina burocratica comunale che altrimenti sarebbe ferma.
Riteniamo, quindi, che l’amministrazione comunale debba cambiare idea su questa importante e delicata questione prima che succeda l’irreparabile e si apra una fase di tensioni sociali senza precedenti per la nostra comunità.
Come locale circolo PD siamo molti attenti ai diritti dei lavoratori e porteremo avanti questa battaglia coinvolgendo direttamente anche i deputati democratici che già in questi giorni hanno investito della questione il competente Ministero del Lavoro. Nel tavolo tecnico riunitosi a Roma i parlamentari hanno chiesto un contributo economico specifico per procedere alla stabilizzazione dei lavoratori LSU/LPU calabresi e risolvere definitivamente l’annosa questione.
Gli esponenti pidiellini piuttosto che guardare a come “liberarsi” di quello che per loro è ormai diventato un problema dovrebbero cercare di valorizzare le competenze e professionalità di questi operatori e forse riuscirebbero un po’ meglio nel garantire ai cittadini quei servizi indispensabili e quella gestione dell’ordinario che al momento non sembrano capaci di assicurare.
A questo proposito chiediamo loro una netta inversione di rotta rispetto all’attuale modo di gestire la cosa pubblica. Il livello di degrado politico, culturale e sociale raggiunto in poco più di due anni dimostra, infatti, un’incapacità amministrativa senza precedenti per il nostro paese alla quale non è consentito aggiungere ulteriori aggravanti attraverso decisioni scellerate a cui non sarebbe più possibile porre rimedio.
Rosanna Federico
Consigliere Comunale del PD
Luigi Tassone
PD Serra San Bruno
Riceviamo e pubblichiamo:
Si può uccidere in nome dell’amore? Che amore è quello che induce ad uccidere? Non è sicuramente una storia d’amore, l’assassinio della giovanissima Fabiana, che, in quella che potremo definire una classifica dell’orrore, rientra sicuramente in una posizione apicale. E nessuna motivazione, mai, può giustificare tale ferocia. Nessun comportamento o atteggiamento può motivare, alimentare o avallare questa barbarie, nessuno mai deve sentirsi autorizzato ad ergersi a carnefice.
E ancora più agghiacciante e sconvolgente in questo caso è la giovane età dei “protagonisti”. Giovani, acerbi. Vittima e carnefice. Lei lo ha rifiutato. Lui ha infierito. Un rifiuto è come un’onta inconcepibile e un’imperdonabile ribellione. Tale da indurre a sopprimere chi ha “osato”!
Non me la sento di parlare delle modalità perché, da mamma e donna, fa troppo male. Vorrei invece soffermarmi sul fenomeno e su quello che sull’argomento, si sta dicendo, da più parti, in questi giorni. Si assumono posizioni diverse, di condanna, di denuncia, ma anche di critica.
Alcuni articoli scritti sui giornali nazionali in questi ultimi giorni sono stati molto forti, pesanti, nei confronti di quella che è stata definita una Calabria che non dà scelta. Non credo sia così esteso il fenomeno.
Però c’è, esiste. E non dobbiamo girarci dall’altra parte, perché ci sentiamo offesi, e mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Purtroppo, ancora in alcuni ambienti, ci sono ragazze che subiscono molte limitazioni e ci sono ancora altri ambienti che educano per, abitudini ancestrali, i ragazzi a considerarle oggetto, loro proprietà, quindi destinatarie di maltrattamenti ed angherie al primo rifiuto o alla prima pseudo “ribellione”!
Ci sono veramente quei mostri di cui parlano? Certo, anche io considero mostro chi picchia la propria donna, chi le vieta di fare anche le cose più banali ma che potrebbero, stante la loro mentalità, intaccare l’”onore”, chi usa la violenza per dominare la persona, per natura più debole e che ha come unica pecca quella di non riuscire a ribellarsi.
Non credo che le donne calabresi siano compiacenti, sono solo delle vittime e quindi non potrebbero esserlo!
Mi sento e sono una donna fortunata. La mia famiglia d’origine mi ha dato la possibilità di crescere e maturare in un ambiente intellettualmente aperto e di scegliere il tipo di vita che ritenevo più giusto. Ho formato una famiglia con un uomo che insieme a me ha condiviso alla pari scelte e percorsi. Abbiamo, insieme, educato i nostri figli al rispetto verso gli altri, donne e uomini, contro ogni forma di razzismo, violenza, discriminazione, dando loro quei principi necessari per crescere da persone libere ed intellettualmente oneste.
Ma non credo di essere l’unica. Molte amiche e donne che conosco, donne forti e determinate, hanno potuto scegliere come vivere la loro vita, rendendosi protagoniste e non spettatrici del proprio sociale. Purtroppo per altre, e sono diverse, lo riconosco, non è stato e non è ancora così. Non so se si tratta di posizione geografica. Sicuramente si tratta di mentalità e di mancanza di rispetto verso le persone! Anche la mancanza di cultura rende prigionieri. Bisogna sempre associare al concetto di cultura, la parola libertà, e la cultura aiuta ad essere liberi.
Non mi è mai piaciuto generalizzare, credo sia un errore farlo ma è pur vero che sono tanti i casi di ragazze che non sono libere, per dirla con una metafora, di aprire le ali e volare perché queste vengono tarpate da una mentalità chiusa, gretta, retrograda. Non possono scegliere, perché se lo fanno, la libertà di scelta equivale ad essere una poco di buono.
Il rispetto umano è uno dei valori principali che si dovrebbe insegnare ai propri figli. Bisogna educarli fin da piccoli, e, da genitori mettersi in discussione, non essere sempre permissivi e sempre pronti a giustificarli quasi per un voler assolvere la propria inadeguatezza. Si, perché molto spesso i genitori hanno sostenuto con forza i propri figli violenti e sminuito episodi di bullismo e violenza gratuita facendo anche ricadere le colpe sulle vittime. Questi comportamenti inevitabilmente porteranno i ragazzi ad essere sempre più violenti con gli altri, e a pagarne il fio saranno sicuramente anche le loro sorelle, le loro future compagne e figlie; quando non le stesse madri. Non dimentichiamoci che un cattivo rapporto instaurato oggi si ripercuoterà inevitabilmente nei loro comportamenti futuri e potrà avere conseguenze disastrose.
Ma non bisogna mai rassegnarsi. Dobbiamo invece continuare a denunciare laddove esistono disuguaglianze e far emergere, invece le potenzialità che una donna “libera” potrebbe sviluppare, anche l’elenco delle donne vittime di amori “malati” si allunga sempre di più. Ogni giorno questo capitolo si fa sempre più copioso arricchendosi di dolenti quanto agghiaccianti novità.
Ritengo però strano anche il comportamento di donne vittime di violenza che però si rifiutano di essere salvate e ritornano, perdonandolo, con il loro carnefice. Si perché avviene anche questo. E’ successo di recente a Nettuno, dove una ragazza con il setto nasale rotto sostiene di essere caduta e non picchiata, come accertato dal padre, dal proprio ragazzo violento rifiutandosi di sporgere denuncia; o l’altra di Caserta che pur avendo la milza spappolata dai calci del fidanzato lo perdona e dice di amarlo ancora. Come si può continuare a fare violenza su sé stessi? Come possono tradurre in amore questi comportamenti aberranti e barbari per non dire malati? Credono che perdonando possano redimerli? Invece servono comportamenti forti, azioni provocatorie che si spera servano da esempio ad altre future vittime. E ben vengano quelle fatte dell’avvocato della ragazza di Caserta che si è rifiutata di difenderla e ha rimesso il mandato e del padre della ragazza di Nettuno che ha denunciato, di sua iniziativa e contro la volontà della figlia, il bruto che l’aveva picchiata.
Io non mi riterrò offesa dagli articoli “denigratori” finché una sola donna, nella mia terra non avrà libertà di scelta e di autodeterminazione, e fin quando la donna non sarà considerata una persona, esattamente alla stessa stregua degli uomini.
E non dimentichiamo, la violenza verso le donne va condannata. Sempre, al sud come al nord.
Merilia Ciconte
Presidente Commissione Pari Opportunità Soriano Calabro (VV)
Chi ci vive, molto spesso, non fa altro che rimuginare, senza esito, su come fare ad andarsene, mentre chi se n’è andato è condannato a rivivere una nemesi quotidiana fatta di odori, colori e suoni, in un tempo sospeso, irreale, fermatosi al momento della partenza. E non desidera altro che tornarci. Rappresentazione immutabile delle speranze e dei paradossi di un popolo che forse popolo non è mai stato, i paesi delle aree interne custodiscono l’identità culturale della Calabria, o meglio delle Calabrie. La mappa genetica di questa regione si muove, infatti, lungo una ragnatela di storie antiche e culture meticcie: impronte sbiadite e disordinate, distanti tra loro, rimandi di un passato che talvolta è rimasto aggrappato alle rocce di quella Calabria “aspra” dell’entroterra, che pochi hanno saputo raccogliere e mettere a dimora.
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