Domenica, 06 Marzo 2022 09:19

Come nasce un Monumento/3 – Un’opera del popolo

Scritto da Bruno Greco
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Dopo la contesa tra artisti e le varie peripezie che hanno portato all'aggiudicazione dell'opera, chiudiamo la ricostruzione del Vizzarro su come nacque il Monumento ai caduti di Serra San Bruno – realizzata in tre puntate (qui e qui le due precedenti) attraverso i documenti recuperati e custoditi nell'archivio comunale – raccontando il fondamentale contributo della comunità serrese, sempre sensibile alle iniziative territoriali e pronta a sopperire alle mancanze della politica.

Nonostante le distanze, nei primi anni 20 del 900 la corrispondenza si scambia in tempi ragionevoli anche se sono le decisioni a dipendere troppo dai freni della politica. Dall’idea del tributo ai Caduti serresi della Grande Guerra fino all’aggiudicazione dell’opera e alla stesura dei primi atti formali tra l’artista Aurelio Mistruzzi e il Comitato promotore passa oltre un anno. Nelle botteghe, come nelle vie del paese, si discute dell’opera, la si pubblicizza per ottenere le sottoscrizioni popolari, ma di concreto si vede ben poco. E se il popolo si mostra clemente al cospetto dell’arte, non fa altrettanto chi, per contributo fattivo, si è speso in prima persona all’interno del Comitato al fine di promuovere la realizzazione del Monumento. «Ill.mo Sig. presidente del Comitato per l’erigendo monumento ai Caduti […]. Colla fede e la speranza che le mie dimissioni da membro del Comitato scuotano e spingano ad azioni più sollecite ed opportune nella traduzione in realtà della idea di tributo ai nostri morti per la grandezza della patria […]».

Stralcio della lettera in cui un membro del Comitato pro Monumento comunica le proprie dimissioni dal sodalizio

La lettera è a firma del Dott. Giacomo Pisani e porta la data del 14 luglio 1922. Sono righe sintomatiche di un ritardo poco chiaro, dato che la delibera di aggiudicazione a favore dell’artista Aurelio Mistruzzi risale al 17 gennaio dello stesso anno. Le dimissioni di uno dei componenti del Comitato non servono ad accelerare i tempi ma sottolineano, quantomeno, una sorta di malcontento anche tra i promotori, i quali piuttosto che seguire l’evolversi dell’opera assistono a un incomprensibile stallo. Il 17 agosto 1922, con l’incarico che il Comitato dà all’artista serrese Giovanni Scrivo di vigilare sui lavori del Mistruzzi (nonché di occuparsi della stesura del contratto della commissione), i tempi si dilatano ulteriormente: bisogna trovare la quadra giusta sia a livello artistico che contrattuale e, si sa, il parere di un tecnico quale era Giovanni Scrivo (scultore e insegnante della scuola professionale di Lauria) non avrebbe lasciato spazio a errori di sorta, soprattutto se a mettere la firma su un’importante opera di Serra sarebbe stato un collega originario d’altra regione, già tacciato dallo stesso Scrivo di essere «poco originale». Infatti, il Fante del Mistruzzi, seppur osannato a livello iconografico, rimane sempre una copia delle tante altre distribuite in tutto lo stivale (leggi qui).
La critica piccata di Scrivo sul lavoro del Mistruzzi diventa più spietata di quanto il Comitato potesse immaginare. Il 27 ottobre del 1922, lo scultore serrese, poco soddisfatto del lavoro del collega, insiste sul far scendere il prezzo a 10mila lire (si chiuderà in fase di contratto alla somma di 13mila) e così commenta dopo aver visto la copia di un Fante nello studio romano del Mistruzzi: «Pessima qualità del bronzo […] il lavoro non vale le 15mila lire […]. Quando vidi nello studio del Mistruzzi il famoso Fante, […] mi parve vedere il nostro mugnaio, lu zuoppu di Ursula. Ammirai in quel lavoro la bella esecuzione delle scarpe ben ferrate, che sembravano quelle del suddetto nostro compaesano».

Estratto di una delle lettere in cui Giovanni Scrivo critica il lavoro del Mistruzzi

Parole dure, corredate da pungente sarcasmo, che sottolineano ancora la vecchia diatriba tra artisti e, probabilmente, quel malcelato livore di fronte a una propria opera mancata. Oramai oltre il confine della diplomazia la bozza della minuta di contratto, tra tira e molla, viene redatta nel novembre del 1922. Il travaglio del Monumento ai caduti di Serra si concluderà nel 1925 con l’inaugurazione dell’opera. 

A furor di popolo

Se tra gli scranni della politica si continuava a vivere di reticenze e rimandi stessa cosa non si può dire, invece, dell’aria respirata tra la popolazione, poco avvezza ai tecnicismi e sempre foriera di concretezza. Il popolo si dimostra ancora una volta il vero motore della politica benché le istituzioni siano sempre pronte a prendersi il merito, indossando il vestito della festa minuziosamente confezionato dalla comunità. Burocrazia e pareri professionali hanno certo la loro importanza ma la saggezza popolare del “senza sordi non si 'ndi cantanu missi (senza denaro non si celebra messa)” prevale su tutto. L’entusiasmo per l’opera è tale che le sottoscrizioni non si fanno attendere e arrivano sia dai residenti che dagli emigrati. Si può discutere su tutto ma alla fine la cosa più importante è il finanziamento dell’opera. Il Municipio serrese si attiva dal primo momento a coinvolgere gli apparati statali ma sa per certo che senza modelli e bozzetti da presentare alla comunità l’opera non si farà. Anche per questo motivo le prime decisioni del Comitato pro Monumento sono avventate e spingono gli artisti coinvolti a produrre progetti nell’immediato: perché la gente deve vedere e se la gente vede contribuisce. Il popolo, come sempre, sopperisce alle mancanze della politica. 

Il finanziamento dell’opera e la comunità di Johnsonburg

Tra i primi uffici istituzionali a rispondere picche sull’elargizione di un contributo per la realizzazione del Monumento c’è il Comando della 21ma Divisione di Fanteria di Catanzaro (9 aprile 1922). La Provincia di Catanzaro si dimostra disponibile ma in attesa dell’approvazione del bilancio (6 maggio 1922). Stanzierà nell’ottobre successivo 25mila lire da ripartire, però, tra tutti i Comuni previa presentazione di un progetto. Il Ministero della Istruzione pubblica probabilmente spenderà di più per la corrispondenza col Comune di Serra che per il contributo a favore dell’opera, data l’esigua somma destinata che ammonta a sole 25 lire.


Nell’archivio comunale recentemente recuperato dall’amministrazione serrese oltre alla corrispondenza che ci ha permesso di ricostruire la nascita del Monumento ai caduti sono presenti le sottoscrizioni dei serresi e anche quelle degli emigrati. Dalla Pennsylvania a New York, consultando le donazioni dei serresi all’estero si evince anche la presenza di intere comunità in luoghi come Johnsonburg, meta di certo non comune come lo erano invece le grandi città degli Usa e canadesi. L’industria principale di questa piccola cittadina era la Cartiera e chissà se i serresi, che nel settore avevano lavorato anche nel loro paese d’origine, non fossero finiti lì proprio per lavorare nella Cartiera. I serresi di Johnsonburg nella loro lista della colletta da destinare al monumento specificavano infine: «Il volere di coloro che mandano […] questi pochi soldi è che il monumento venga eretto in Piazza Margherita, attualmente Piazza Azaria Tedeschi». Sito poi effettivamente adottato per l’erezione come abbiamo scritto qui. Ma, oltre al contributo degli emigrati, si ripresenta sempre come estremamente significativa anche la funzione delle confraternite serresi, anch’esse presenti nell’elenco delle sottoscrizioni, a conferma dell’infinito legame che queste istituzioni ecclesiastiche da sempre coltivano con la propria comunità.

 Il basamento di Scrivo e gli scalpellini serresi

«Alla fine mi giunge da Fabriano la desiderata carta in dimensioni grandi e posso farvi subito i dettagli del piedistallo». Da queste parole che Giovanni Scrivo invia in una lettera al Comitato non ci sono più dubbi sulla paternità del basamento granitico. Scrivo sarà infatti l’autore del progetto ma per la realizzazione dello stesso verrà fatto un bando destinato alle maestranze serresi. Qui ci viene ancora in aiuto il sempre puntuale Domenico Pisani (storico dell’arte e figlio dell’artista Giuseppe Maria). Gli scalpellini serresi che si sarebbero aggiudicati l’appalto per la realizzazione del basamento di Scrivo sono i Pisani. Ma, ad un certo punto, la documentazione relativa alla suddetta commissione si interrompe e cominciano ad affiorare per la realizzazione del basamento pagamenti del Comune a favore di Biagio Lomoro, altro celebre scalpellino serrese. «Probabilmente – ha spiegato Domenico Pisani – dati i continui tagli sul prezzo per la realizzazione del basamento i Pisani si sono resi conto di non poter finire il lavoro, passato poi a Biagio Lomoro come testimoniano i pagamenti ritrovati nell’archivio comunale. Ma il vero motivo potrebbe essere celato ancora nel materiale di archivio del Comune ancora da scandagliare». Dalle carte ritrovate si può desumere anche il sito usato per l’estrazione del granito utile al piedistallo. In una lettera del 25 settembre 1923, indirizzata all’Ispettore Capo del Dipartimento Forestale di Catanzaro, il presidente del Comitato chiede l’utilizzo del «masso di granito […] che trovasi situato superficialmente in contrada Crocetta, del bosco Archiforo».
Dunque, la mastrànza di la Serra, alla stregua della popolazione, viene anche in questo caso in soccorso alla politica e finanche il guadagno passa in secondo piano perché in ballo c’è la memoria dei propri concittadini caduti.

Contrada Crocetta

 «Vidi c'hai mu mi fai na braccunata»

La storia di quest’opera continua a sorprendere e a fornire dettagli interessanti sulla comunità serrese anche a distanza di quasi 30 anni dall’inaugurazione. Come raccontato sempre dal professor Domenico Pisani, nei primi anni 50 vengono finanziati dal Ministero del Lavoro alcuni corsi per disoccupati banditi anche dal Comune di Serra. Tra questi c'è anche quello dedicato ai fabbri e l'allora sindaco, Raffaele De Stefano, affidò la direzione del corso all'artista Giuseppe Maria Pisani. Obiettivo sarebbe stato quello di delimitare con un'opera in ferro il perimetro del Monumento ai Caduti. «Vidi c'hai mu mi fai na braccunata (Devi realizzare una balconata)». Furono proprio queste le parole che il sindaco disse a Pisani, incitandolo a essere svelto e il più semplice possibile. L'equivalente di chiedere a un fuoriclasse del calcio di limitarsi a passare la palla piuttosto che assumere iniziativa personale. Infatti, realizzando l'ultimo lavoro corale dei fabbri serresi (Talau, 'Ncinni, Culastri, ecc.), ha regalato a Serra un altro saggio della sua formazione classica, forgiata dalle maestranze locali. Foglie di alloro e quercia a significare gloria e forza; l'acanto a denotare i capitelli corinzi; simboli militari come l'elmetto per la Fanteria, l'ancora per la Marina e le ali per l'aviazione... dai laboratori messi su dal Comune alla fine nasce un'opera nell'opera e nella seconda metà di giugno del 1953 la stessa viene montata nottetempo, in modo da poterla mostrare alla comunità, per l'inaugurazione, solo durante il giorno, da scartare come una sorpresa. Il sindaco De Stefano, alla vista del lavoro, compiaciuto per l'opera d'arte deliberata dalla sua giunta, rivolgendosi a Giuseppe Maria Pisani ricordò quanto gli disse all'inizio: «T'avìa dittu mu mi fai na braccunata. E cu' si menta cu ttìa... (Ti avevo detto di realizzare una balconata. Chi la vince con te...)». Ma per un dribblatore come Pisani, evidentemente, questo non era possibile e l'elogio rivolto all'immenso lavoro dei fabbri arriva anche attraverso una delibera di giunta dove viene ufficialmente riconosciuta la straordinarietà del lavoro.   

Dettaglio del disegno e delibera di giunta della cancellata del Monumento ai caduti di Serra progettata da Giuseppe Maria Pisani e realizzata dai fabbri serresi

3/fine

Leggi anche:

Come nasce un Monumento/1 - La contesa tra artisti

Come nasce un Monumento/2 - L'artista "commissariato" e il cambio di piazza

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